mercoledì 26 luglio 2023

RETURN OF THE STORM MAIDEN (15)

CAPITOLO 15 - ALBERI, RADICI, VISIONI

"Non è la preghiera che salva l'uomo, ma la speranza in essa" (Verità del Saggio Jamal 20.6)

Le vette dei monti sono belle da guardare. Meno da raggiungere.
Il cammino per il Passo di Prakanhas era sempre più ripido e impervio, e nonostante il mutamento climatico creato da Grinnah si fosse dissolto con la sua morte, ora il freddo naturale li mordeva e li spingeva a muoversi rapidamente, e questo nonostante alcune grosse impronte li avessero messi in guardia.
Giunsero al passo, stretto tra le grigie rocce delle montagne di Ruathym, quando due grossi troll dei ghiacci, dalla pelliccia quasi uguale alle rocce stesse, partirono alla carica pregustando un buon pranzo a base di carne umana.
Quei giganti erano più grandi dei normali troll, ed emanavano un freddo pungente che oltre a coprirne l'odore paralizzava i muscoli degli sprovveduti che finivano a portata dei loro artigli.
Richard tuttavia riuscì a placare la battaglia con un audace raggiro: disse loro che erano anche loro troll, trasformati dalla malefica strega dei ghiacci e condannati in quelle misere forme umane.
Quei mostri erano sicuramente forti, ma altrettanto poco svegli e soprattutto, per fortuna di Richard e dei compagni, conoscevano Grinnah, e dopo aver interrotto l'assalto, dubbiosi, credettero a tale strampalata bugia.

I gruppo guadagnò così la discesa oltre il passo. Sotto di loro potevano ammirare la foresta, ancora avvolta nelle nebbie, e la, da qualche parte, c'era il Figlio di Yggdrasil.

Proseguendo verso valle scoprirono che non c'erano sentieri, o perlomeno, se mai ci fossero stati, erano ormai scomparsi e tornati preda della natura selvaggia. Procedevano dunque seguendo le radure e i tratti più agevoli, fino a seguire un piccolo torrentello.
La natura era stranamente tranquilla rispetto ai territori minacciosi attraversati prima, ma questo li rendeva ancora più inquieti.
Proprio mentre si parlava di fare una sosta e mangiare qualcosa, magari procacciando selvaggina, notarono un'alce che brucava lunghi licheni cadenti da un tronco caduto.
Qualcosa però allertò Ishmael. Nella neve attorno alla bestia non c'erano tracce. Come poteva esser giunta li? Era una trappola? Una illusione? Un'esca? O una prova?
Constatando che gli avventurieri non avrebbero ucciso l'animale, una guardiana del bosco rivelò la sua posizione, in cima ad un albero, e si presentò loro come Aedithas.
Era una mezzelfa, una ranger che sorvegliava la zona, e chiese loro i motivi della loro presenza.
Viste le risposte, acconsentì poi a portarli da Menedhan, l'Arcidruido locale, specificando però che non erano loro i protettori dell'Albero, ma che esso si proteggeva da solo.


Prima di accoglierli, Menedhan raccontò loro una storiella, per testare il modo di ragionare e vedere le cose degli intrusi, e forse la loro saggezza.
Fece loro anche qualche indovinello, forse più per diletto che per metterli ad ulteriore prova, e solo a quel punto acconsentì ad ospitarli e ad ascoltarli.
In una grotta poco profonda ardeva un bel fuoco, e il gruppo fu ospitato li a condividere cibo e racconti coi druidi e i loro seguaci.

Scoprirono che era Ulf, lo sciamano ora al servizio di Vok Dorrg, a detenere le maggiori conoscenze sull'albero, ma l'Arcidruido diede comunque utili informazioni sulla natura di quell'entità, sulle rune iscritte sulla sua corteccia, e sui rituali per scriverle e attingere alle sue benedizioni.
Scoprirono ad esempio che solo l'adamantio era in grado di intaccare quella corteccia, e che era necessario il sangue della stessa stirpe che chiedeva la benedizione.
Gli ultimi a giungere all'albero per sfruttarne i suoi poteri, secondo i racconti di Menedhan, furono una drow, tale Liriel Baenre insieme ad un barbaro della lontana terra del Rashemen, divenuto un hamfriggan, che cercava il potere dell'albero per controllare le sue capacità.
Riguardo al resto, quella comunità era piuttosto isolata e non sapevano nulla del Vortice e degli altri eventi che stavano sconvolgendo il Mare delle Spade.
Gli mostrarono anche lo strano monile in cristallo verde trovato dagli orchi, per vedere se conosceva tale materiale, e secondo l'uomo era lo stesso strano cristallo estratto anni fa a Berranzo, la colonia mineraria del Calimshan su Gundarlun di cui avevano già sentito parlare.
Si diceva persino che fossero pezzi del corpo cristallizzato di una antica divinità di qualche altro mondo o peggio ancora, di uno degli infiniti strati dell'abisso, tanto che la pazzia e i misteriosi episodi che portarono all'abbandono della miniera furono imputati ad essa. 

La mattina successiva, col permesso dei druidi, il gruppo si incamminò per raggiungere l'Albero. Aedithas li scortò per un buon tratto di strada, mettendoli sulla giusta direzione, ma poi non ce ne fu più bisogno, perchè al centro di una depressione tra le rocce, abbarbicato su un cumulo pietroso, lo videro.

Era immenso.
Era qualcosa che toglieva il fiato.
Talmente vecchio che la corteccia sembrava fatta di pietra, e si fondeva col paesaggio.
La base del tronco così segnata dal tempo che presentava scanalature e aperture, una delle quali una vera e propria grotta, e c'era una scaletta scavata nella roccia che saliva proprio verso quell'apertura, e attirò istintivamente gli avventurieri.

Mentre avanzavano, potevano avvertire la natura attorno a loro estremamente viva, come se giganteschi alberi fossero pronti a muoversi e a schiacciarli nel caso avessero manifestato intenzioni ostili.
Giunti dentro l'apertura, inquietanti cumuli di pietre, terra, muschio, pulsarono e si mossero fino ad assumere enormi forme vagamente umanoidi, come immobili e severi guardiani pronti ad agire.
Dentro la fenditura, le radici più fresche e giovani dell'albero, rivolte verso l'interno, sembravano abbeverarsi in una strana vasca circolare, una fontana da cui nasceva un'acqua limpidissima.
Le radici erano piene di rune e scritte incise da tempo immemore ad oggi.
Alcune erano ormai cancellate e riassorbite dal legno, forse eroi del passato non più tra noi, altre più recenti e sorprendenti, come quelle della drow e del rashemi di cui aveva raccontato il druido.

Cercarono fino a trovare la runa protettiva e la benedizione richiesta dalla madre di Hergatha, la Storm Maiden, ma quello che scoprirono li disorientò: sembrava che quella benedizione avesse perso il suo potere.
Avevano dato per scontato che la temibile condottiera fosse tornata in vita grazie a quella benedizione, e alla protezione di Umberlee e Tempus, ma forse c'erano altre forze in gioco?
Nonostante i dubbi, per sicurezza decisero di rimuovere comunque l'incisione, in fondo non potevano aver fatto tutta quella strada per nulla, e grazie al martello in adamantio di Gelrish eliminarono la runa.
Gli elementali della terra erano più vicini e guardinghi, ma l'Albero, spettatore silenzioso, forse approvando, non reagì a quel gesto.

Prima di andare via Richard pensò che una entità così antica come il Figlio di Yggrasil doveva aver visto e vissuto tantissimi ricordi, e attraverso le sue radici cercò di attingere altre informazioni.
Riuscì a vedere figure che incidevano rune, nel passato, e una donna con una neonata, la piccola Hergatha, che chiedeva forza e protezione a Tempus per la figlia.
La storia dirà che chissà come, si intromise anche Umberlee...
Per Richard non era abbastanza.
Guardando la fonte ebbe un'idea: chiese a Ishmael una dose di quella inquietante droga trovata nel covo di Grinnah.

I Vapori Mordayn sono una esperienza che nessun uomo dovrebbe mai fare.
Sono in grado di generare visioni incredibili, bellissime e paradisiache, strane e assurde o anche terribili, proiettando la mente umana lontano da confini che mai andrebbero oltrepassati, lasciando spesso i suoi consumatori preda di gravi crisi di astintenza nel migliore dei casi, o preda di pazzie e fobie, quando non direttamente graziati dalla morte.
I Vapori Mordayn però furono in grado di abbattere quella barriera tra il fisico e lo spirituale, e quando Richard si immerse nella vasca, provando ad attingere a sensazioni e ricordi, nell'acqua avvertì le vibrazioni di una voce che non era voce, ma piuttosto un suono cupo, proveniente dagli abissi marini più profondi. Una voce non fatta di parole ma ugualmente capibile dalla sua mente o forse dal suo cuore.
Un richiamo oscuro a donare la propria anima e unirsi a qualcosa di più grande, qualcosa che sarebbe tornato potente e avrebbe regnato oltre la vita e la morte.
Era Ydaach'Nar. Ne era certo.
E in un vortice di luce verdognola lo attirava nel buio freddo e schiacciante del fondo marino.
Fu strappato dalla visione e forse anche dalla pazzia dai compagni e dalla magia curativa di Lyandria, che tuttavia non attenuava la voglia di una nuova dose di vapori.

Richard pareva scosso e sproloquiava di ciò che aveva visto, tanto che Lyandria temendo (erroneamente) una connessione con la fonte usò un'altra magia per distruggere la polla d'acqua.

Questa volta però, l'Albero e i suoi guardiani non la presero bene...
Minacciosamente gli elementali della terra si strinsero verso il gruppo, che prese a ritirarsi verso l'uscita, ma dall'esterno anche numerosi treant e alberi animati parevano convergere nella loro direzione per bloccarli.
Gli avventurieri si difendevano e combattevano cercando di allontanarsi, tranne Richard che aveva intuito che forse sanare la fonte e ripristinare l'acqua avrebbe portato ad una tregua.
Nel perseguire la sua idea arrivò ad attaccare Lyandria con incantesimi mentali.
La poveretta nel frattempo era già impegnata tra alberi ed elementali, che provavano ad afferrarla.
Palle di fuoco detonarono verso l'esterno, elemento che i lignei difensori dell'Albero parverso soffrire parecchio, avvampando e bruciando così da creare un varco per i fuggitivi.
Gli elementali non erano della stessa idea e ormai li avevano circondati, menando colpi potentissimi.

Ad aggiungere caos al caos, il povero Baandulf che fu colpito talmente forte da venire lanciato contro alcune rocce. Un colpo che avrebbe steso chiunque, ma arrivare così vicino alla morte attivò qualcosa di sopito nel berseker, che si trasformò in un grosso orso infuriato, e il problema era che non distingueva amici o nemici, era solo pura rabbia.

Lyandria cadde, Gelrish era ferito gravemente e con Baandulf pericolosamente vicino, Ishmael non sapeva più chi difendere e da che lato arginare gli attacchi.
Fu allora, con Lyandria a terra morente, che l'Albero fermò i suoi difensori e intimò di curare la fonte, e li avrebbe lasciati andare vivi.
Il gruppo soccorse Lyandria riuscendo a guarirla magicamente prima che finisse nel Piano del Fato, e tramite la magia ripristinarono la fontana asciugata.
Richard cercò di entrare di nuovo in contatto con i ricordi dell'albero ma era troppo stremato, quindi sotto lo sguardo severo dei guardiani lasciarono il luogo.
Il Figlio di Yggdrasil intimò loro di non tornare mai più.

Lungo la via del ritorno, non regnava certo l'armonia. Richard si era fatto arrogante e troppo sicurò di se, bacchettando e minacciando tutti.
Non era più lui, era evidente che non tanto la droga, quanto la follia del suo viaggio sensoriale e del contatto con quell'entità lo aveva reso mezzo pazzo.

Furono trovati lungo i sentieri boscosi dal Menedhan in persona, piuttosto indispettito dal vederli così conciati male e dal rumore delle detonazioni avvertite fin li.
Gli spiegarono il malinteso accaduto rassicurandolo di aver posto rimedio, e lo seguirono al covo dei druidi per le cure e per un bel riposo.
Grazie a Menedhan e ad un incantesimo di ristorazione, venne curata anche la pazzia di Richard, che si scusò e anzi chiese al druido numerosi consigli sulla via della natura. L'uomo aveva capito che il profitto e il denaro non erano tutto e c'era ben di più, intangibile ma più gratificante per l'anima, in questo mondo.

Una volta fatto il punto della situazione, salutarono per ripartire per la costa, dove erano attesi dalla nave di Lyandria.
La prossima tappa sarebbe stata tornare a Gundarlun e a Gundbarg, per fare il punto della situazione con Re Olgrave, cercare la "veggente della pozza magica", e magari qualche indizio anche nelle miniere di Berranzo.
L'Arcidruido però offrì loro una via molto più breve per tornare a Gundarlun: sosteneva di poterli farli entrare in un albero, e farli sbucare in un altro albero a Gundarlun, come una sorta di teletrasporto.
Il più ritroso sembrava Baandulf, che avevano poco prima convinto a seguirli ancora con la scusa di imparare a tenere sotto controllo le sue trasformazioni prima di tornare a Holgerstead e rischiare di esser un pericolo.
Al barbaro, diffidente verso magie e portenti, un simile modo di viaggiare suonava assurdo, ma alla fine si convinse.
Menedhan salmodiò una preghiera per poi toccare con la punta del bastone un enorme faggio. La corteccia si increspò ellitticamente come se fosse una superficie d'acqua verticale, e con un cenno l'Arcidruido fece segno loro di entrare.
Un passo nel buio.
Un passo nell'ignoto.
Un passo verso un nuovo capitolo delle loro avventure...


venerdì 7 luglio 2023

RETURN OF THE STORM MAIDEN (14)

CAPITOLO 14 - LA STREGA DEI GHIACCI

"La mancanza di paura, secondo me, è il vanto dello sciocco. Gli unici uomini senza paura sono morti, o forse moriranno presto. La paura ti insegna cautela e rispetto per il tuo nemico. La paura può farti uscire vivo, e questo è il meglio che chiunque possa sperare da qualsiasi combattimento. Ogni uomo che vale qualcosa prova paura. È l'uso che ne fai che conta.." (Rasimer Grikon, topo mannaro)

Il mese di Uktar era alle porte, e il bosco restituiva questa verità moltiplicata per il fatto di essere a Ruathym, dove l'inverno non scherzava.
Mentre procedevano tra il fogliame residuo, che stava perdendo i bei colori autunnali, seguirono un corso d'acqua a ritroso, per arrivare alla fonte visto che sicuramente era più in alto, verso le montagne che dovevano svalicare.
Proprio li vicino trovarono alcune tracce, stivali, una persona solitaria.
Le tracce seguivano il percorso che avrebbero percorso anche loro, e di tanto in tanto ne scorgevano qualcuna ma diventava più difficile notarle visto che più si saliva di quota e più il suolo era duro e pietroso, mentre il bosco restava alle loro spalle, silente e testimone del loro cammino.
Giunti in prossimità di una collina dalla forma piuttosto pronunciata, sentirono delle urla agghiaccianti, simili al bramito di un cervo ma più acute e alte di frequenza.
Ishmael riuscì a percepire anche urla umane.
Poi li videro: tre creature alate, orrendi ibridi tra un cervo e un'acquila o piuttosto un avvoltoio, solcare l'aria da diverse direzioni mentre inseguivano un barbaro solitario.
Il giovane, forse troppo giovane, sembrava in difficoltà e subito i quattro risalirono il pendio per unirsi alla lotta.

Il ragazzo colpì una di quelle cose, ma la lama della sua ascia sembrava avere poco effetto su quelle bestie magiche, ma non si perse d'animo, anzi a dire il vero lo spaventarono di più gli alleati, con i loro sortilegi e con la creatura alata evocata da Richard.
I peryton, così erano chiamate quelle mostruosità, caddero sotto i colpi dei quattro avventurieri ma il giovane barbaro pareva contrariato per quell'aiuto inaspettato.
Per quanto cruenta infatti, quella ordalia era la sua prova per diventare un vero guerriero adulto ed esser ammesso nelle schiere dei berseker di Wedigar.
Per sua fortuna però fu anche il suo turno di rivendicare una preda, e dopo aver causato una frana che intrappolò l'ultimo Peryton, lo decapitò con un urlo liberatorio.

Nonostante lo scontro fosse finito, Baandulf, questo era il suo nome, restò guardingo e pronto a difendersi anche dai quattro sconosciuti, blaterava qualcosa a proposito del fatto che potessero esser figli o alleati di Grinnah, una fantomatica strega locale, ma le arti oratorie di Richard lo tranquillizzarono tanto che raccontò la sua storia e addirittura fu convinto a far loro da guida in cambio di una gloria ancora maggiore che quella derivante da una testa di Peryton: sarebbe tornato a Holgerstead reclamando l'eliminazione della misteriosa strega blu.

Il viaggio ripartì dunque ancora più difficoltoso e ripido, lungo passi montani e rocce che via via erano più innevate, fino a che, improvvisamente e in modo ben poco naturale, una tempesta di neve prese a infuriare sugli avventurieri costringendoli a trovare riparo tra le conifere dove scorsero le rovine di un piccolo villaggio.
Grati del riparo offerto dalle poche mura ancora intere, si fermarono in attesa che la furia della bufera si attenuasse, e Richard usò un utile incantesimo che creò un riparo in grado di isolarli completamente.
Secondo i racconti del giovane barbaro, quel posto era stato spopolato da Grinnah, la strega Blu, e gli strani cumuli ghiacciati che si vedevano qua e la, erano gli abitanti uccisi dal freddo.
Lyandria allora, incurante del tempo, abbandonò il riparo e prese a benedire quei resti ghiacciati, per dar pace alle anime, ma il vento portava con sè anche una vocina gracchiante e malevola, che improvvisamente esortava "i suoi schiavi" a manifestarsi e a trovare dove erano spariti gli intrusi. E non era suggestione, ma preoccupante realtà, il fatto che adesso figure spettrali emergevano da quei resti sbucando da ogni angolo del povero villaggio abbandonato.
La ragazza saggiamente arretrò subito tornando nel rifugio magico per avvertire i compagni della situazione, ma quelle entità spettrali l'avevano vista e seguita vicino all'ingresso. Ora vagavano, senza tregua, nei dintorni, cercando coloro che al momento non potevano trovare.
Si trovavano dunque bloccati li, al riparo dalla tempesta e dagli spiriti, ma in attesa di cosa?

Richard ruppe gli indugi e ordinò al suo leone alato di uscire come esca, facendosi inseguire. A quel punto, con la via libera, uscirono tutti affrontando la tempesta per seguire quello che sembrava un percorso dove il freddo e le raffiche di nevischio affilate picchiavano meno... una via verso la salvezza, o una trappola per attirarli in una direzione voluta?

Giunsero in una valletta riparata da rocce e alti abeti, la visibilità non era molta con quella bufera ma nei dintorni si vedevano gli strani cumuli di ghiaccio o neve formati da esseri umani o umanoidi forse vittime della strega.
E la strega parlò.
Parole che vagavano nel vento gelido della bufera, senza dare indicazioni di dove provenissero.
Parlò proferendo minacce che fecero tremare le gambe del giovane barbaro che era con loro.
Richard però cercò di contrattare un passaggio sicuro, senza arrivare allo scontro, ma la prima cosa che chiese Grinnah, la temibile strega del ghiaccio, fu il cuore pulsante del barbaro.
A suo dire la natura di quell'umano nascondeva un Hamfriggan, un mutaforma, e il suo cuore neppure gli dei sapevano cosa le sarebbe servito ma era una merce di scambio che i quattro non accettarono.
Richard offrì lo strano monile in cristallo verde trovato dagli orchi, e per quanto la strega fosse abbastanza incuriosita, non lo riteneva ancora abbastanza.
Cadaveri e spettri emersero nel frattempo dai cumuli, obbedendo alla volontà di colei che li aveva resi tali, e portandosi minacciosi tutto attorno alla zona, ma proprio poco dopo che si era trovato un accordo, il gruppo passò all'attacco.
Ne Lyandria, ne Gelrish avrebbero tollerato patti con una creatura che aveva privato quei morti della loro libertà, e i principi morali prevalsero sul buon senso nonostante la pericolosità della situazione.
Anche Baandulf, il giovane berserker, era perplesso dall'accordo visto che l'avevano convinto a seguirli promettendogli la testa della megera, e nonostante la paura per la magia accolse con un ghigno i segnali che l'accordo era già finito.
La strega era pronta a circondarli con un muro di ghiaccio circolare, freddo come la morte, che li avrebbe bloccati mentre i suoi spettri l'avrebbero invece attraversato assalendoli da tutte le direzioni, e a quel punto, avrebbe scatenato una tempesta di ghiaccio.
Tuttavia, tutto questo non avvenne.
Avvenne che Grinnah, nella sua presunzione, commise un solo errore.
Piccolo forse. Apparentemente ininfluente.
Ma fatale.
Perchè Grinnah aveva rivelato il suo nome.
E Richard, mentre i compagni affrontavano spettri e zombie che si stringevano su di loro, richiamò la trama in un incantesimo psichico letale.
Non aveva bisogno di vederla.
Non aveva bisogno di sapere dov'era.
Aveva il suo nome, e tanto bastava.
La sua lancia psichica penetrò nel cervello della megera facendola urlare di dolore e lasciandola diverso tempo inerte, e proprio quando si stava per riprendere, lui aveva di nuovo intessuto le stesse parole dello stesso incantesimo, che si abbatté su di lei con lo stesso effetto.. e così ancora una terza volta, e mentre Lyandria l'aveva individuata e si era fatta strada per affrontarla in corpo a corpo, venendo assalita da malevoli spiriti guardiani rimasti a proteggerla, vide infine Grinnah con gli occhi intrisi di sangue e rivoli di sangue anche dalle orecchie che si accasciava a terra.

Gli avventurieri fecero mozzare la testa a Baandulf, e poi razziarono ogni cosa utile nel covo di Grinnah, una capanna di tronchi ora finalmente del tutto visibile una volta interrotta la tempesta, trovando qualche oggetto magico interessante, qualche gemma e qualche suo intruglio.
Una volta ripulita la zona e dato pace alle vittime intrappolate della megera, il gruppo decise di riposare li.
Richard, con orrore del barbaro, interrogò la testa della malefica creatura per carpire qualche altra informazione sul cristallo di cui aveva parlato, ricavato dalle miniere di Berranzo, a Gundarlun, e del fatto che quello strano materiale fosse sospettato di esser addirittura un frammento di una qualche anticà entità che provocava follia.
Cosa era successo davvero in quella colonia mineraria calimshita? Quali erano stati gli ultimi giorni di attività? C'era un qualche legame col culto del Vortice?
Le beffarde e criptiche risposte di Grinnah erano incomplete, ma avrebbero indagato ancora... prima però, c'era ancora una montagna da valicare per scendere verso il Figlio di Yggdrasil e i misteri che lo circondavano...