venerdì 29 dicembre 2023

RETURN OF THE STORM MAIDEN (35)

CAPITOLO 35 - L'ISOLA AGUZZA

"La morte ci aspetta tutti. Ma lei prende prima i pigri" (Nefius Gostafest, sacerdote di Beshaba)

Un cielo che prometteva pioggia e temporale guardava il Nasello approdare il più vicino possibile ad un vecchio molo di fortuna.
Lo scalcinato equipaggio del Nasello si riversò lungo le piccole spiagge ghiaiose e le taglienti insenature rocciose come uno sciame di formiche, tutti alla ricerca dell'oro promesso da Ploppa.
In effetti in mezzo a quegli scogli giacevano cumuli di alghe marcescenti miste a detriti e pezzi di relitto, di botte, di vele, di reti, schegge di bauli o armi.

L'isola sembrò reagire a quella violazione, e colonne d'acqua salata si innalzarono fino a formare minacciosi Elementali d'Acqua che misero in fuga gli avidi marinai, difesi prontamente da Ishmael, Gelrish, Lyandria e Dehuin.

Messa in sicurezza la zona, i quattro si inerpicarono lungo gli aspri sentieri che salivano verso le vette di quell'isola inospitale, proprio mentre una fitta pioggia cominciava a flagellarli, e i bagliori dei lampi aumentavano.
Il resto dell'equipaggio proseguiva con la ricerca di tesori, mentre i più saggi o pigri preparavano il Nasello ad una fuga imminente visto lo scopo della missione.

Il sentiero serpeggiava a picco sulle scogliere, costeggiando il perimetro dell'isola, col mare sempre più lontano e più in basso, mentre si saliva di quota.
Di tanto in tanto si incontravano biforcazioni, ma l'importante era salire puntando alla Spada di Selce.
L'arma di Dehuin improvvisamente avvertì un pericolo, anche se non si vedeva ancora nulla.
Con una vibrazione nel terreno, due grossi Elementali della Terra emersero aggredendo i visitatori.
Non era facile muoversi in quel terreno scosceso, col mare tempestoso più in basso, mentre quelle creature parevano potersi fondere con terreno e riemergere da un'altra parte, o percuoterlo per creare frane o zone di terreno friabile che inghiottiva i nostri eroi.
Fu uno scontro duro, ma alla fine quelle creature elementali vennero distrutte.

Il gruppo restò a rifiatare e a leccarsi le ferite sotto quella pioggia battente, interrogandosi cosa avrebbero trovato più su, e come avrebbero dovuto cercare la strega, chi fosse e soprattutto come attirare la sua ira e la sua maledizione sul Nasello.
Ripartirono e presto affrontarono il tratto più insidioso del percorso, una stretta lingua di roccia a picco sul vuoto, in una parete friabile e quasi verticale.

Oltre alla pioggia, anche il vento ora sferzava quella parete, e avanzarono cauti fino a intravvedere una stretta lingua di terra compatta, un abbozzo di sentiero che sbucava su un altopiano completamente brullo.
Una gigantesca spada di selce coperta di rune si affacciava a picco sul mare, come conficcata da un essere colossale.
Era contro natura che una pietra simile non si frantumasse, e forse proprio quelle rune la rendevano possibile.
La zona era deserta e della misteriosa strega non c'era traccia.
Lyandria si ricordò il consiglio di Shid'anian: le leggende dicevano che quella era stata l'arma di un titano, e la potente strega dell'isola la venerava come una reliquia.
Distruggerla avrebbe certamente attirato la sua rabbia più selvaggia.
Senza attendere oltre, sfruttando il martello in adamantio Dehuin con due poderosi colpi ben assestati mandrò in frantumi l'antica reliquia.

Li per li non accadde nulla.
Qualcuno voleva attendere o cercare oltre, per trovare la strega.
Ishmael invece, imprecando sommessamente, li invitò a iniziare la fuga visto che comunque dovevano attirare la maledizione sulla nave, e non su di loro, o ancor peggio affrontare la strega lassù.

Percorsero a ritroso il vertiginoso sentiero dell'andata, ma a passo sostenuto, quando dall'alto della vetta una tonante voce prese a minacciarli.
Un lampo illuminò contro luce una sagoma in cima alle rocce.
Si sarebbero aspettati molte cose: una vecchia rinsecchita dall'aria sinistra, una donna deforme e bruttissima, una inquietante parodia femminile contorta e gobba...ma non quello che videro.
Si sbagliavano di grosso.
E "di grosso" non è un modo di dire.
Era una figura gigantesca, proporzionata, dalla chioma fluente che fluttuava al vento.
Gli occhi lucenti erano colmi d'ira e di energia elettrica.
Era una Gigantessa delle Tempeste.
Tebror Thundenir la Solitaria. Strega e Custode della Reliquia del Titano.
"oh cazzo..." borbottò Ishmael.
Lampi e fulmini si addensavano da quel versante dell'Isola, e mentre i quattro fuggivano, enormi macigni vennero scagliati giù da quella parete rocciosa.
Uno grosso masso colpì in pieno la cavalcatura di Lyandria, che riuscì a balzare giù in tempo, mentre la magica creatura scompariva nell'abisso sottostante piombando in mare, o su qualche scoglio, da una altezza immane.
Dehuin, preso di striscio, per schivare finì per scivolare oltre il sentiero, schiantandosi per fortuna su una sporgenza cinque metri più sotto.
Gelrish sfruttò una magia del vento per aiutarlo a balzare di nuovo su senza perdere tempo, visto che la Gigantessa era in arrivo

La fuga precipitosa continuò tra fulmini e scoppi di elettricità che stordivano e ferivano i fuggitivi, mentre evitavano altre frane.
Erano al limite della resistenza quando finalmente il terreno si fece più sicuro e pianeggiante, e continuarono a correre verso il Nasello.
Giunsero infine alle consunte e antiche cale scavate nella roccia che scendevano nell'insenatura dove era approdata la nave.
Dall'alto potevano vedere gli avidi pirati ancora intenti a cercare tesori e oggetti.
Urlarono a più non posso, cercando di sovrastare il temporale che pareva aver reagito all'umore della stesso di Tebror
Il resto della ciurma prese a convergere dunque verso il Nasello, ma altre creature elementali apparvero ad ingaggiare battaglia con loro.

Quanto ai fuggitivi invece, la Strega invocò e salmodiò qualcosa in una lingua sconosciuta, evocando due letali servitori invisibili che tagliarono la strada al gruppo.
Soltanto Ishmael, grazie ai suoi sensi, poteva avvedersi della loro presenza e solo a breve distanza.
Per tutti gli altri erano una minaccia completamente invisibile e per questo ancora più terrorizzante.
Cercando di parare o coprirsi con gli scudi, continuarono la fuga verso il Nasello, che nel frattempo stava cominciando le manovre per salpare.

Dehuin invocò antichi spiriti di nani-guerrieri che presero a fluttuare intorno a lui e a colpire quei cacciatori invisibili, incassando terribili colpi e proseguendo nella fuga disperata.
Lyandria aiutò i membri dell'equipaggio ancora impegnati a terra, dando loro modo di rinculare e ritirarsi sulla nave.
Un devastante fulmine colpì la fiancata del Nasello, diffondendosi tra chi era vicino e facendo terribili danni.
Il Nasello, in preda alla disperazione, gonfiò finalmente le vele e accelerò.
Restava solo Dehuin, attardato e gravemente ferito dai guerrieri invisibili.
Il nano, col fiatone, percorse alla massima velocità l'antico molo spiccando un salto disperato, venendo subito afferrato da Gelrish oltre il parapetto.
Erano distrutti dalla fatica e dalle ferite, mentre altri fulmini cadevano pericolosamente vicino.

L'alta figura della Gigantessa era lontana ora, ma la videro in piedi su uno scoglio che agitava le braccia, pronunciando una terribile maledizione.
Le nuvole nere si addensarono proprio sopra il vascello in fuga, per rilasciare una enorme scarica.
Non era un fulmine normale, era scuro, dai riflessi quasi violacei, qualcosa di sinistro e mortale che però finì sul pennone, come assorbito dalla Conchiglia di Ishtitia.
Mentre l'artefatto esplodeva in mille frammenti, simili a una nuvola nebulizzata di brillantini, il fulmine si propagò lungo tutto l'albero maestro, fino al cuore della nave e per tutta la nave stessa.
Per un lungo, lunghissimo istante furono tutti ciechi e sordi.
Poi, scossi e confusi, videro dietro di sé la sagoma dell'Isola allontanarsi, e la figura della Strega ormai invisibile nel muro di pioggia e alti schizzi di acqua salata.

Ploppa, perplesso, saggiò il legno della balaustra del timone con due colpetti di nocca.
La ciurma si passava le mani sulla faccia o sul petto, guardandosi attorno per capire cosa fosse successo.
A parte che erano messi male, sembrava tutto normale.
Tutto come prima.
Non erano fantasmi. Non erano spettri.
Qualcosa non aveva funzionato?

Ploppa si ritirò nel guscio meditandoci su.
Murray nel frattempo provava a piazzare una singolare morning star trovata tra gli oggetti sulla costa dell'isola.
Aveva tutta l'aria di esser un ottima arma magica, e provò a piazzarla a Gelrish che era il più bisognoso di qualche arma dignitosa.
Il dragonide però aveva le ragnatele nella scarsella, e finì col chieder prestiti e barattarla con l'intero tesoro trovato sull'Isola.
Ploppa scese nel ventre della nave, per vedere cosa ne era del Cuore Nero.
Qualcosa era accaduto.
Si accorse anche che il fastidioso e nefasto corvo famiglio Seaskull era comparso ora sulla sua spalla. Visibile solo a lui.
Lentamente sentiva crescere la connessione indissolubile col suo stesso vascello.
Forse poteva perfino farlo correre nel vento, diventando vento stesso.

La navigazione proseguiva verso Est, lasciandosi alle spalle i temibili gorghi e gli insulti della Strega.
Fu solo quando calò il crepuscolo che si rivelò il vero effetto sul Nasello Spiaggiato.
La nave fu avvolta da uno strano alone di luce verde-azzurrognola, diventando lentamente immateriale, mentre scivolava nel piano etereo.
La ciurma, esterrefatta e terrorizzata, si rese conto di essere diventata fantasma
"siamo mortiii!" berciava qualcuno.
L'autoritaria voce di Ploppa li rassicurò:
"tranquilli, solo fino al sorgere del sole... e non è la sola sorpresa che ho in serbo per voi.."
Poi chiosò "e vi rendete conto che abbiamo finalmente raggiunto il nostro obiettivo?"
"poter affrontare ad armi pari la Storm Maiden?" azzardò qualcuno
"ma no!..attraccare in qualunque porto gratis! ed evitare anche di affondare.."
Pochi osarono dissentire a cotanta saggezza.
"Signori, da oggi battezzo questo vascello Il Nasello Fantasma!"
Anche questa volta, c'era poco da dissentire.


sabato 23 dicembre 2023

RETURN OF THE STORM MAIDEN (34)

CAPITOLO 34 - TUFFO NELL'IGNOTO

"Devi avere paura per avere coraggio" (Capitan Frustaventi)

Mancavano pochi giorni alla fine di Uktar e alla Festa della Luna, che avrebbe sancito il passaggio all'ultimo mese dell'anno, quando un gruppetto di figure uscì dal primitivo sistema fognario di Gundbarg. Una scena resa ancora più surreale dal fatto che i quattro trascinavano dietro enormi ossa di gigante del fuoco.
Una volta depositato lo scomodo bagaglio in un deserto cantiere navale vicino alla Spina Avvelenata, i quattro percorsero i freddi vicoli cittadini per entrare a scaldarsi le ossa, questa volta le loro, alla Dragon Turtle Inn.
La, vicino al bancone, trovarono Jerome con l'istrionico Maran Ventopungente, che era tornato chissà come dalle Purple Rocks.
Il vecchio esperto di reliquie Jerome stava discutendo con una terza persona, a loro ancora sconosciuta. Un distinto uomo dai capelli ramati e dalla barbetta bianca, corta e curata.
Jerome li invitò a sedere con loro, e spiegò che nel frattempo aveva cercato di capire meglio come effettuare il rituale che avrebbe trasformato il Nasello Spiaggiato in nave fantasma o qualcosa di simile, visto che le visioni delle vecchia erano state vaghe e interpretabili.
Grazie al misterioso tizio chiamato Galdran, che a dire di Maran era "i rinforzi" che l'uomo aveva promesso, Jerome aveva stabilito una possibile procedura con cui combinare gli artefatti recuperati dagli avventurieri.
Gelrish era stranamente infastidito dalla presenza di Galdran, un fastidio atavico e quasi istintivo.
Ishmael, sempre il diffidente del gruppo, usò i suoi poteri e scoprì che l'alleato portato da Maran non era ciò che diceva. Puzzava di drago.
La serata continuò discutendo su come raggiungere l'Isola Aguzza, dimora di una potente strega, protetta da gorghi e vortici che tenevano lontana ogni nave, fino a che prevalse l'idiota intuizione di Baandulf: quei gorghi erano fatti apposta per far deviare le navi? Allora la chiave era proprio ignorarli e finirci dentro. Magari erano illusioni, o portali.

Un'alba grigia e fredda accolse i partenti per il pericoloso viaggio.
A salutare il gruppo arrivò anche Shid'anian, alla quale Gelrish confessò il "sacrificio" fatto con Meralia a Snowdown per avere informazioni. La giovane genasi non parve prenderla molto bene.
Partirono tutti sul Nasello, timonato da Ploppa O'Malley, mentre la Spina Avvelenata sarebbe rimasta in rada, per i lavori di corazzamento con le ossa di gigante, insieme ad un contingente di mercenari.

La rotta non puntò direttamente verso l'isola Aguzza, ma dritta a sud, verso Ruathym, per cercare di raggiungere Rethgaard, una colonia nanica dove Dehuin intendeva procurare un nuovo martello per Gelrish e magari anche qualche alleato.

Il tempestoso mare invernale li flagellò fin dal primo giorno, e le ore di luce in quella stagione stavano assottigliandosi: alla diciassettesima clessidra era già buio e ridussero la velocità.
Tra l'equipaggio la paura della notte serpeggiava più fredda e infida dei venti invernali.
Tutti temevano di avvistare la sinistra sagoma della Dark Storm, il terribile vascello fantasma della Storm Maiden, e ci si chiedeva perché mai stessero navigando verso Ruathym rischiando contatti ravvicinati col nemico.
Il secondo giorno di navigazione confermò quei timori: navi a sud-est.
Due galee da guerra nordiche intercettarono il Nasello Spiaggiato, che virò repentinamente iniziando una sagace fuga sfruttando ogni lembo di vento.
Con sfiancanti e faticose manovre riuscirono lentamente a distanziare gli inseguitori, che ad un certo punto desistettero tornando indietro.
Gli inconvenienti non erano finiti, perché un temporale rese il terzo giorno un vero inferno, stremando i membri dell'equipaggio per tenere salda la nave per quasi tutto il giorno, fiaccando fisico e morale.

Visto il rischio di incontrare altre navi di Ruathym, Ploppa convocò in cabina i suoi fedeli compagni per discutere sul da farsi, e venne deciso di abbandonare la rotta per Rethgaard ma puntare direttamente alla loro meta principale.

All'alba del quarto giorno, mentre deviavano verso l'isola Aguzza (o almeno la sua presunta posizione, visto che non era segnata in nessuna mappa) videro altre navi a protezione delle coste di Ruathym. Erano tozze e squadrate, e Dehuin riconobbe l'austero e pratico stile nanico.
Una delle due girò la prua verso di loro per avvicinarsi e mostrò un segnale che li invitava a fermarsi.
Ploppa fece issare il segnale di "epidemia a bordo" e subito allora quelli risposero col segnale di "allontanatevi e girate indietro".
Stimando la velocità di quelle navi naniche inferiore alla loro, l'equipaggio del Nasello virò defilandosi e evitando ogni contatto.

Una volta lasciata Ruathym alle loro spalle, navigarono verso Ovest, nell'oceano aperto, verso l'ignoto. Rotte che nessuno seguiva, forse neppure gli Elfi diretti nella remota e leggendaria Evermeet.
Le nubi si fecero basse e cupe, in lontananza si vedevano i bagliori di lampi nel cielo carico di rabbia ed elettricità.
Ploppa con un accorato discorso rivelò all'equipaggio la vera destinazione e la vera intenzione: puntare ad un gorgo.
Quello che più convinse l'attonito equipaggio alla fine fu la parola oro.
Oltre a tanto rum in quelle ultime ore di viaggio.

E poi la videro.

Dapprima solo una macchia scura nell'orizzonte anch'esso scuro e saturo di basse nubi minacciose.
Poi più nitida. Una massa rocciosa sorgeva dall'acqua, un'isola aspra e brulla, una cuspide altissima di pietra di origine lavica.
Davanti a loro però, l'acqua tempestosa mulinava in tutte le direzioni, formando enormi gorghi capaci di risucchiare anche vascelli colossali come bastoncini nello scolo di una fontana.
Con terrore, i marinai constatarono che non era uno scherzo: il Nasello non stava cambiando rotta, stava puntando dritto ad un enorme vortice, mentre il ponte era spazzato da raffiche di vento e pioggia affilata.
La nave si inclinò prendendo velocità, accelerando in un moto circolare.
Tutti si tenevano a qualcosa, disperati.
Cambiare direzione ora non era più possibile. Restava solo la fiducia. O la follia.

Il Nasello era sempre più inclinato, schiacciato in una forza centrifuga pazzesca.
Pareva che dovesse esser risucchiato negli insondabili abissi marini per sempre, quando invece la prua fu sparata in alto e il vascello emerse in un mare calmo, dietro la barriera tempestosa lasciata alle spalle.
Davanti a loro le coste scoscese e rocciose dell'Isola Aguzza, e una piccola baia di scogli aguzzi con un approdo.
Dunque quella folle teoria era vera: il vortice era non solo un deterrente ai visitatori, ma anche un vero e proprio portale... e ancora una volta ne erano usciti vivi.
Guardando alla montagna, vicino ad una delle vette, la silhouette di uno strano pinnacolo di pietra compariva in modo intermittente controluce ad ogni fulmine che illuminava il cielo.
Sembrava una spada, ma come era possibile?
Era troppo enorme. E di pietra.
La spada di selce di un titano di cui si favoleggiava?
Lo avrebbero scoperto solo mettendo i piedi a terra.

venerdì 15 dicembre 2023

RETURN OF THE STORM MAIDEN (33)

CAPITOLO 33 - CUORE NERO

"A volte gli uomini cambiano in meglio. A volte gli uomini cambiano in peggio. E spesso, molto spesso, dati il tempo e l'opportunità. . . cambiano di nuovo". (Hrolf il Riottoso)

Per Erliza Daressin, vicerè di Snondown e Governatrice di Caer Westphal, era il momento di giocare a carte scoperte.
Troppi indizi, troppe coincidenze, troppe cose collegavano quegli avventurieri tra di loro e ai recenti avvenimenti in città.
Avevano un piano. Non erano certo li per la gloria o per il premio dell'Arena.
Rovesciare il suo governo? Ucciderla?
La donna non sembrava per nulla preoccupata o intimorita però.
Piuttosto era incuriosita e piacevolmente ammirata del coraggio che avevano avuto.
E Lyandria aveva vinto, e lei era in debito.
Parve quasi delusa quando scoprì che invece quei quattro cercavano solo un vecchio relitto.
Non costava nulla dar loro l'informazione, ma Erliza fece una ulteriore richiesta in cambio: assaggiare il sangue di Ishmael. Voleva assaggiare il potere del forte vampiro che l'aveva generato.
Ishmael, con sorpresa, accettò.
Lei sarebbe potuta andare oltre, bere avidamente, farlo suo, persino trasformarlo definitivamente..liberarlo dall'influsso dell'altro.
Ma lui rifiutò.
Rifiutare le proposte di una donna simile non è mai una buona idea, ma quel giorno, forse per il sangue versato nell'arena, la donna era di buon umore.

La Governatrice dispose che fosse data loro una piccola imbarcazione e indicò sulla mappa la zona dove avvenne la battaglia navale con Zavoros.
All'alba salparono, sotto un cielo grigio, costeggiando l'isola verso nord-est e poi a est verso il mare più aperto fino a individuare sul fondale sagome irregolari di alcuni relitti.
Ishmael e Lyandria, che non avevano bisogno di respirare, si calarono sott'acqua.
Accompagnati dallo strano destiero evocato da Lyandria, presero a battere a tappeto tutta la zona, esaminando i vari detriti e pezzi di relitto in cerca della Lost Mirage, la nave di Zavoros.

In quelle acque insidiose furono però attaccati da alcuni squali, uno in particolare davvero enorme.
In quell'ambiente quegli animali erano in vantaggio, ma furono respinti dai due esperti eroi, che poi proseguirono più a sud verso un abisso più profondo.
Ed eccolo: affacciato su quel crepaccio sottomarino, giaceva il relitto della Lost Mirage.
In quelle acque buie aveva un aspetto ancora più tetro e sinistro.
Una bella nave dotata sia di alberi che di una lunga fila di remi nel ponte inferiore.
Un oggetto spezzato, abbandonato, dimenticato.
Ishmael avvertì la presenza di essenze non-morte li attorno, il che accresceva l'inquietudine nell'aggirarsi tra quei legni imputriditi.
I due risalirono dunque alla barca d'appoggio e Lyandria, usando interamente il potere della conchiglia separò le acque mettendo a nudo la nave, in modo che anche gli altri due compagni, poco avvezzi all'acqua, potessero scendere ad esaminare il relitto.
Il potente incantesimo aprì una voragine nel mare riportando alla luce e all'aria il fasciame della vecchia nave ferita
La cabina di poppa era ancora intatta, entrarono e trovarono riverso su una sedia il corpo rinsecchito del Capitano Zavoros.
Una bolla d'aria trattenuta dal soffitto stagno aveva mantenuto il corpo all'asciutto nonostante fosse stato sott'acqua tutti quegli anni.
Dehuin tentò un rituale per scacciare i non-morti, anche se tutto attorno al momento regnava la calma piatta.
Gelrish si fece coraggio e affondò gli artigli nella sottile e friabile cassa toracica, estraendo un cuore nero e rinsecchito.
Avvertì subito l'energia necromantica che si diffondeva lungo il suo braccio.
E una mano spettrale apparve a fermarlo, mentre si allontanava dal corpo.

Il fantasma di Zavoros emerse uscendo dal cadavere.
Aveva un aspetto terribile, terrorizzante, ma inaspettatamente non sembrava oltraggiato o aggressivo per il gesto del dragonide blu.
In risposta a quella manifestazione spettrale, dai ponti inferiori si udirono lamenti tremendi.
Zavoros spiegò che si trattava dei rematori, schiavi incatenati alle panche che quando la nave affondò dovettero affondare con lei. Un destino orribile.
Un destino che attribuivano a lui.
Bramavano di liberarsi per aggredirlo. Solo quello avrebbe dato loro pace.

Ma c'era qualcosa di peggio.
Quando lasciarono il fantasma del Capitano, uscendo sul ponte frantumato e marcescente, notarono figure minacciose.
I guerrieri di Zavoros.
Il loro scopo difendere il Capitano.
Non ci erano riusciti in vita. Forse se l'avessero fatto da morti sarebbe arrivata la pace.
Non contava nulla la non ostilità di Zavoros nei confronti degli avventurieri.
Gli spettri di quei guerrieri non avrebbero ascoltato il Capitano, agivano ormai d'istinto.
E qualcuno che aveva appena strappato il cuore al loro condottiero era visto come una minaccia.
Gli spettri attaccarono stringendosi verso il gruppo, che però si strinse vicino a Lyandria. Dehuin e Gelrish, ferito dai terribili attacchi di quei nonmorti, si aggrapparono alla cavalcatura della loro compagna e nel momento che lei terminò la concentrazione sul potere che teneva le acque lontane dalla nave, le due enormi pareti di acqua salata si abbatterono su di loro sparandoli verso la superficie.
Gli spettri infuriati restarono alle calcagna fin quasi alla superficie, ma una volta raggiunta la barca si accorsero che erano scomparsi.
Era fatta.
Avevano il cuore.
Quella cosa nera aveva diversi poteri, Gelrish li avvertiva e li temeva.
Il potere però ha spesso un prezzo. E quell'oggetto era anche maledetto.
La figura spettrale di un corvo, Seaskull, il corvo del capitano maledetto, era apparsa sulla spalla del dragonide.
I compagni lo presero per pazzo perché loro non potevano vederlo. Lo vedeva solo lui.
E quella dannata bestia fastidiosa gli parlava e lo scherniva, tormentando i suoi timpani con la sua vocetta insopportabile, rendendogli difficile concentrarsi su qualunque cosa.
Maledizione! Ma perchè diavolo aveva preso quel cuore nero!

Rientrarono a Caer Westphal all'imbrunire.
E una volta che l'ultimo raggio del tramonto fu scomparso, anche i compagni di Gelrish videro la scura sagoma sulla sua spalla.
Rintracciarono Meralia, che li raggiunse poi al magazzino abbandonato in attesa che Marla riattivasse il cerchio di teletrasporto.
Salutarono l'efficiente spia del kraken per rituffarsi in quel fastidioso ma necessario viaggio magico, ritrovandosi disorientati ma interi nuovamente a Gundbarg.
Mancava l'ultimo passo: la potente maledizione di una Strega.

venerdì 8 dicembre 2023

RETURN OF THE STORM MAIDEN (32)

CAPITOLO 32 - L'ARENA DI WESTPHAL

"Gli sciocchi si vantano di quello che faranno. Gli eroi lo fanno" (Capoguerra Korlon)

Era ormai passata la mezzanotte; viziati nobili e ricchi mercanti scendevano nel ventre della Locanda dell'Ultima Goccia per raggiungere gli spalti dell'arena, pregustando sangue, abilità combattiva, coraggio, adrenalina, voglia di vivere.
Tutto quello che a loro mancava.

Nelle gabbie degli schiavi, Ishmael e Gelrish erano riusciti a inculcare un minimo di speranza e disciplina in quella mal combinata compagnia di prigionieri.
A dire il vero forse si erano pentiti del tentativo di salvataggio dei "poveri schiavi".
Si erano immaginati infatti povera gente o vecchi contadini rapiti da qualche villaggio nelle razzie di Hrolf, ma il bottino del pirata invece erano altri pirati. Feccia delle Nelanther. Le famigerate isole pirata a sud delle Moonshae.
Reietti sconfitti da Hrolf, pallide ombre di ciò che rimaneva di ciurme spezzate.
Ma pur sempre pirati e feccia.
Si sarebbero adoperati per salvarli se l'avessero saputo prima?
Era tardi per pensarci.
Nell'arena, il maestro dell'Arena Caronius, un orrendo tiefling, aveva cominciato a scaldare il pubblico rivelando qualche dettaglio degli incontri che li aspettavano, anche se per lo più restavano sorprese.
Dehuin, invitato nella tribuna centrale con Erliza, Aimo e Sheerena, piazzò forti scommesse su Lyandria.
Poi ecco entrare i prigionieri.
Non era un vero incontro, ma un massacro per scaldare il pubblico.
Erano tutti disarmati, alcuni ancora feriti, e il loro scopo era morire male di fronte a chissà quale mostro o avversario terribile.
Il cancello sotto la tribuna si aprì, e tra gli effetti di fumo magico uscì una enorme creatura dalle braccia muscolose, armate di grandi scimitarre.
Petto dritto e robusto, aveva una strana andatura.
Non camminava.
Strisciava.
La parte inferiore era infatti quella di un colossale serpente, così come la testa.
Un abominio yuan-ti. 

I poveri schiavi, che fino a un attimo prima stavano cercando di seguire le strategie di Ishmael si sparpagliarono e alcuni fuggirono spaventati.
Gelrish attaccò dalla distanza con qualche incantesimo suscitando stupore e anche indignazione nella folla.
Ishmael si gettò sul mostro con tutte le sue forze, per trattenerlo e permettere anche agli altri, disarmati, di cercare di colpirlo in qualche modo.
Una pesante scimitarra lo ferì duramente ma lui affondò i denti tra le scaglie succhiando sangue e vita dalla creatura.
Aveva un sapore orribile. Peggio del piscio di coboldo.
Ma quando c'è la tua vita in ballo, non è il caso di fare gli schizzinosi.
Gli occhi dello yuan-ti si accesero di magia mentre cercava di ammaliare Ishmael e liberarsi di quell'inaspettato avversario.

Il pubblico era diviso: chi fischiava deluso per il mancato massacro e chi era estasiato per la sorpresa di un copione non ancora scritto.
Gli schiavi trovarono coraggio nel vedere la bestia in difficoltà, una delle scimitarre cadde a terra, e poco dopo lo yuan-ti si abbattè a terra con un tonfo, nella polvere intrisa di sangue dell'arena.
Anche se non era previsto, gli schiavi avevano vinto.
Erano liberi.

Un furente Caronius li condusse fuori dall'arena, ma Erliza con un gesto della mano li fermò, indicando Gelrish e Ishmael. Li voleva al suo cospetto.
I due avventurieri, tesi, giunsero al cospetto della temibile vampira e al suo sguardo che pareva capace di mettere a nudo ogni maschera e menzogna.
Si soffermò su Ishmael, annusando vicino al collo, captando la forza del sangue del vampiro Ulgar e dicendo che anche se il pubblico in quel suo caricare disarmato lo yuan-ti aveva visto coraggio ed eroismo, lei aveva visto altro.
Non era coraggio.
Era rabbia, rancore, insofferenza per la sua condizione e per la sua metà non-umana.
Sentimenti che lui sfogava sugli avversari, ma che a lei non erano sfuggiti.

Mentre Erliza si intratteneva con Dehuin e gli altri due superstiti dell'arena, i combattimenti si susseguivano.
Non si badava a spese per sorprendere il pubblico, sfoggiando creature letali ed esotiche, che probabilmente pochi avevano visto prima dal vivo.

Arrivò anche Hrolf, che rispetto all'alba aveva ritrovato lucidità e ora diceva di aver riconosciuto gli avventurieri, gli stessi superstiti della regata di Gran Raccolto, gli stessi giunti ad accusare Vok Dorrg di un atto di guerra.
Riuscirono a metterlo a tacere, anche se era chiaro che la governatrice non si stava bevendo tutte le loro scuse e bugie, ma era più indispettita da quei battibecchi e interessata a seguire l'Arena, che a dar credito alle proteste di Hrolf

Una coppia di gemelli drider ebbe a fatica la meglio su un tozzo gigante del fuoco, e finalmente fu il turno dell'ultimo combattimento.
Il campione di Erliza Daressin avrebbe affrontato una sorpresa di Caronius, il maestro dell'Arena.

Entrò Lyandria, sotto gli occhi curiosi del pubblico che scommetteva e che si era chiesto chi mai poteva sostituire Bort Gonnash.
Poi con fare teatralmente drammatico, Caronius evocò da un cerchio di fiamme una creatura immonda.
Un robusto diavolo delle catene. Kitioshuug il Maestro delle Catene.

Al segnale della governatrice, iniziò lo scontro.
Il diavolo facendo appello ai suoi poteri immondi animò alcune delle catene che adornavano il perimetro dell'arena, ma Lyandria lo tenne a distanza evocando un tentacolo d'acqua e usando il potere della Conchiglia di Istishia anche un elementale dell'acqua, ma una delle catene la colpì e si attorcigliò alla sua figura, trattenendola.
Kitioshuug, incurante degli attacchi dell'elementale, accorciò le distanze e prese a flagellare la ragazza trattenuta, mentre anche le altre catene si stringevano a lei.
Lyandria poco prima che un tremendo colpo la investisse in piena faccia, supplicò il Grande Nuban si frapporsi, e improvvisamente divenne un blocco di ghiaccio.
La catena raschiando via schizzi di ghiaccio deviò di lato, tra gli infernali improperi dell'avversario, che non appena il ghiaccio svanì si preparò a infierire nuovamente su Lyandria.
Le catene colpirono e si strinsero, ma il boato di stupore del pubblico sottolineò che lo avevano fatto a vuoto.
Lyandria non era più li, era ricomparsa ben fuori portata e usando le sue evocazioni come scudo, teneva il pericoloso immondo a distanza, bersagliandolo con letali raggi di energia.
Nonostante la sua resistenza infernale, in un ultimo deflagrare di energia radiosa, di Kitioshuug rimase solo cenere, e le catene animate caddero sferragliando nel silenzio attonito della folla.

Lyandria aveva vinto.

Anche Dehuin aveva vinto. Una montagna di monete con le scommesse.

Uno scocciato Caronius condusse Lyandria nella tribuna, al cospetto di Erliza: era tempo di raccogliere quanto dovuto.

venerdì 1 dicembre 2023

RETURN OF THE STORM MAIDEN (31)

CAPITOLO 31 - MADAME ERLIZA DARESSIN

"Di tutte le cose, gli uomini amano di più guardare gli altri affrontare la Morte... Ricorda loro che sono ancora vivi" (Erliza Daressin)

Mancava un'ora, forse qualcosa in più all'alba, ma il cielo era ancora piuttosto buio. La tetra nebbiolina umida causata dal mare stava sparendo.
Lyandria, come un'indovina, effettuò un rituale scrutando nell'acqua per capire se avrebbero avuto esiti propizi. Gli auspici sembravano positivi.
I camini fumavano.
Erano più a sud, ma la fine del mese di Uktar si avvicinava, e la presa dell'inverno cominciava a farsi sentire anche li.
Le piazzette e le strade della città erano ancora piuttosto deserte.
I suoni erano pochi e lontani; alcuni familiari, come il miagolio di qualche gatto randagio, altri inquietanti, altri ancora normali risultati di una umanità ammassata e pressata da case e vie strette.
Nonostante tutti i buoni propositi e tutte le varianti del piano discusse durante il tragitto, una volta giunti nella grande piazza, alla vista della casa di Bort, agirono in silenzio e in maniera fredda e metodica, nel modo più cinico e sicuro, cercando di bloccare e sigillare ogni uscita, mentre Ishmael, come un ragno, si issò sul tetto e una volta raggiunto il camino, buttò giù la droga.
Nello stesso istante, al segnale convenuto, gli altri appiccarono il fuoco.
All'interno, il denso e dolciastro aroma dei vapori mordayn, stava già facendo effetto, forse portando le inconsapevoli vittime in qualche stato di beatitudine,  e non si udirono molte urla o voci una volta che l'incendio prese a divorare la casa.

Gli avventurieri erano già lontani quando le fiamme presero bene, tranne Dehuin che si era attardato, e notò che uno degli sgherri di Bort, in grado di saltare tra le ombre, era riuscito a teletrasportarsi fuori e chiese aiuto proprio al nano per cercare di aprire una porta e salvare chi ancora era dentro.
Ma Dehuin, freddo, lo colpì alle spalle e lo cosparse anche con l'olio della lanterna, poi inscenò le cose in modo che potesse sembrare lui il piromane, e con il cuore cupo tornò dai suoi.

Visto che si erano intestarditi anche per salvare gli schiavi, c'era da attuare anche la fase due del piano: venne deciso di "vendere" Gelrish e Ishmael proprio a Hrolf, per finire con i poveracci che avrebbero aperto lo spettacolo nell'arena la notte successiva.
Dehuin condusse in porto la trattativa in maniera efficace e i due compagni furono condotti dal pirata nuovamente all'Ultima Goccia e consegnati nelle segrete dell'arena.

Successivamente, Horlf tornò alla sua nave per salpare, e a Dehuin e Lyandria che lo osservavano partire venne in mente un'idea malsana: affondarla.
Mentre un terribile incantesimo funestava il ponte, Dehuin usò il canno-scoppio di Lyandria per colpire la fiancata della robusta nave da guerra.
Il vascello non affondò ma evidentemente prese ad imbarcare acqua, inclinandosi leggermente per poi virare d'urgenza e rientare nel primo molo disponibile.
I due si dileguarono subito, per tornare alla Locanda mettere in atto l'ultima fase: sostituire Bort.

La notizia della scomparsa del Campione di Erliza era arrivata al direttore dell'Ultima Goccia, Aimo Dan Kentel, e soprattutto a Shereena, una elengante e vagamente androgina mezzadrow, l'assistente della governatrice Erliza Daressin.
La donna sembrava arrabbiata e preoccupata anche se Dan Kentel cercava di minimizzare e tranquillizzarla che avrebbe trovato un sostituto all'altezza.
Lyandria approfittò di aver origliato questo dialogo per farsi avanti.
Anche Dehuin in realtà si era deciso a proporsi, ma alla fine decisero le rune: era la ragazza la prescelta.
Il direttore, seppur sollevato di aver trovato dei volontari, era scettico sulla reale forza e condusse Lyandria nell'arena, ancora deserta e in allestimento, per un combattimento di prova.

Lyandria, forse un po' troppo sicura di se, attese al centro del campo di battaglia, quando un'esile figura simile ad un elfo, ma più brutto e verdognolo, uscì da un buio cancello laterale.
Era un cavaliere githyanki, che come un fulmine scomparve per ricomparirle alle spalle e colpirla col suo spadone d'argento.
La ragazza accusò il colpo, e nei primi momenti dello scontro, seppure aiutata da un tentacolo d'acqua evocato, parve sul punto di esser sconfitta.
Ma poi ritrovò la concentrazione e in un paio di colpi ben assestati, chiamò in aiuto il potere del Vecchio Nuban, ammantando di una energia radiosa devastante quei fendenti, e riducendo molto male l'avversario.
Impressionato, Aimo Dan Kentel con voce perentoria pose fine all'incontro.
Nel frattempo, nel ventre sotterraneo dell'arena, Ishmael cercava di istruire i prigionieri ad una minima strategia, per quando sarebbero stati liberati nell'arena a combattere chissà cosa, disarmati e inermi, per esser sbudellati e allietare quel pubblico viziato.

Venne la notte, e il piano terra della Locanda dell'Ultima Goccia si svuotò lentamente, mentre la gente, eccitata, scendeva nei meandri dei sotterranei per raggiungere l'arena.
Lyadria e Dehuin vennero convocati nell'ufficio di Aimo.
Alle loro spalle tornò la mezzadrow già vista prima, Shereena, seguita da una donna elegante, incappucciata, che pareva muoversi senza produrre il minimo rumore.
La pallida ma affascinante signora scostò il cappuccio, mostrando un volto con occhi e labbra pesantemente truccate di nero, e occhi terribili ma al tempo stesso magnetici.
Era Erliza Daressin. Regnante di Snowdown e padrona incontrastata della città.
Scrutò i due avventurieri, poi Aimo, con aria ammonitrice.
Poi si presentò e senza perdere tempo ringraziò Lyandria per aver salvato la situazione e sostituito il suo campione.
Ma subito dopo la sua voce fredda e tagliente creò il gelo quando disse che nessuno poteva pensare di entrare nella sua città senza che lei se ne accorgesse, e che trovava davvero singolare la coincidenza che il suo campione avesse fatto una certa fine proprio quel giorno.
Accuse velate che lasciarono i due senza parole.
Sia negare che giustificarsi o ammettere, avrebbe peggiorato la situazione... la mente dei due frullava frenetica a tesa per trovare il modo più elegante di commentare quel pensiero così diretto che la governante di Snowdown aveva appena espresso.
Ma il silenzio si prolungava. Carico di tensione e promesse di morte.
Dopo un attimo che parve durare anni, fu invece lei a parlare, affermando che era inutile indagare o affannarsi per una cosa che ormai era passata, e ormai non era più rimediabile, e che c'era da pensare al futuro.
E lei per il futuro si aspettava che il suo campione, Lyandria, le portasse una vittoria.
E allora le sarebbe stata grata.
Diversamente....
Già..diversamente?
Meglio non pensarci...
Con un ultimo gesto, Erliza si protese verso il collo di Lyandria, annusando l'aria
"Ci siamo forse già incontrate? In te scorre un sangue particolare.. un sangue che riconosco.."