mercoledì 13 marzo 2019

Spade, Maghi e Pestilenze. Capitolo 7 – Dentro il Tempio…



Richiusero le pesanti porte alle spalle. 
L’ingresso era una stanza dalle pareti oblique, con due grossi braceri spenti da tempo immemore ai lati.
Due di loro erano ancora troppo stremati dal rischiato affogamento, era troppo rischioso proseguire in quelle condizioni, decisero così di accendere i braceri e accamparsi per riposare. 
Pensavano di tenere al di fuori di quelle porte i pericoli delle grotte, ma pericoli ben maggiori si celavano la dentro…Suddivisero i turni di guardia e iniziarono a riposare finchè… passi.
Passi pesanti, irregolari, strascicati quasi. Si avvicinavano..poi si allontanavano…e poi ancora.
Qualcosa vagava in maniera meccanica lungo quei corridoi? Dhorna e Breena andarono in avanscoperta.
Concentrate sull’origine del rumore, non notarono una grossa trappola alla prima intersezione. Una fossa si spalancò nel terreno e mentre la gnoma con un agile guizzo evitò il pericolo, Dhorna rischiò di cadere, restando appesa con una mano al bordo.
Urla concitate d’aiuto richiamarono i compagni in attesa presso l’improvvisato accampamento.
E richiamarono anche quella cosa.

Dal buio del corridoio emerse una figura che lo occupava interamente. 
In vita era stato un grosso Ogre, ma era difficile pensare che potesse esser ancora vivo viste le sue condizioni: ora era uno zombie.

Breena, rimasta vicino alla trappola finì quasi spappolata dal possento colpo di mazza ferrata del colosso, Bogro scattò, Katrina stava cercando disperatamente di tirare su Dhorna, prima che qualche mazzata le raggiungesse e le spedisse tutte e due in fondo alla trappola irta di lame e spuntoni.
Aran, ancora assonnato, prese a salmodiare qualcuno dei suoi sortilegi. Dhorna riuscì finalmente a issarsi su e Katrina scattò a dar man forte a Bogro, prendendo l’Ogre putrefatto su due fronti.
Gli zombie sono tenaci, anche quando sembrano abbattuti, c’è sempre qualche pezzo che si muove ancora, ma la furia dei due guerrieri e le fiamme magiche di Aran ebbero infine la meglio, anche se fu un umile colpo di fionda di Breena, proprio in mezzo agli occhi, a farlo cadere definitivamente al suolo.

Il gruppo rifiatò e riposò senza altri contrattempi, pur disturbato dal fetore di quel corpo. Bogro fece perfino colazione con pezzi di fungo viola arrostito. NON provateci a casa…non credo sia una buona idea.

Proseguirono in quel dedalo di corridoi con la strategia vincente che li aveva guidati nelle grotte: A CASO.
E il caso pareva dalla loro parte, superarono i resti di una polverosa biblioteca , fino a giungere ad una lunga faglia che come una cicatrice percorreva la struttura in diagolale. Tutto quello al di la, stanze, corridoi, era sprofondato più in basso nel terreno. Potevano vedere il pezzo finale della biblioteca almeno 6 metri più in basso, sotto la scoscesa frana, e il corridoio che proseguiva quasi intatto.
Più che un tempio vero e proprio, man mano che lo esploravano sembrava più esser stato un..monastero o un nascondiglio di qualche culto di Talona visto il numero di stanze e celle dalle varie funzioni.
Entrarono in una stanzetta, forse una zona in cui i sacerdoti si preparavano per qualcosa. Era tutto malconcio e consumato dal tempo. In un armadio nel muro di fronte a loro però trovarono una porta segreta. Conduceva in uno stretto corridoio che si biforcava. Proseguirono dritti verso una robusta porta decorata.
Era chiusa.
Dhorna non era una ladra ma se la cavò con gli strumenti da scasso e la serratura scattò.
La porta si apriva in una stanza quasi ottagonale, da un lato mezza crollata. Tre bassi scalini conducevano ad una porta nella parete nord, o meglio, un portale in pietra che doveva incorniciare una porta ma non c’era alcuna porta…solo muro, con uno sbiadita pittura violacea del simbolo di Talona.

Incuriositi, entrarono nella sala, ma come oltrepassarono quel confine una figura scura si materializzò attaccandoli senza esitazione.
La sua sola presenza era terrificante, il suo tocco terribile, il suo corpo mutevole e fumoso si squarciava subendo colpi per poi richiudersi… era frustrante non avere la sensazione di riuscire a ferirlo, resistente a gran parte degli attacchi, anche alle magie di Aran, attaccava inesorabile. Era un Wraith!
Per quanto resistente e pericoloso però, quel non-morto, non aveva fatto i conti con la tenacia dei cinque avventurieri, che riuscirono infine a distruggerlo facendolo scomparire in un ultimo grido ultraterreno.

Liberatisi da quell’inquietante guardiano, poterono proseguire a esaminare la stanza. Non c’erano passaggi segreti ne altri passaggi la dentro, ma una targa di pietra sopra il portale recitava alcune parole:

Solo Colui che

Abbraccia la sua fede

E Accoglie i suoi doni

Potrà passare

Un altro dannato enigma…

martedì 12 marzo 2019

Spade, Maghi e Pestilenze. Capitolo 6 – Alla ricerca del Tempio Sepolto



Il cunicolo d’ingresso alla grotta scendeva tortuoso mentre l’aria si faceva più umida, calda, con uno strano odore di muffa e decomposizione. Sfociava in una ampia cavità irregolare con tre diramazioni.


Guidato non si sa bene da quale istinto, il gruppo svoltò verso est, giungendo in una caverna ancora più ampia, dall’alta volta, disseminata di stalattiti e stalagmiti, e soprattutto da una folta popolazione di enormi e legnosi funghi del sottosuolo. 
 La luce non riusciva a illuminare l’interezza dell’ambiente ma si intuiva che dal lato opposto alla loro provenienza c’era una bifocazione. Dopo qualche iniziale titubanza, assicurandosi che l’aria non fosse impestata da qualche spora velenosa,  avanzarono in mezzo agli immobili funghi verso la galleria che procedeva a nord.

Anche se all’apparenza (dimensioni a parte) quei funghi sembravano tutti uguali, così non era. Subdolo e ingannatore, il fungo viola infatti si mimetizza tra funghi innocui, per attaccare a sorpresa…e in un attimo, mentre passavano vicino, 3 funghi viola si animarono, coi loro letali tentacoli in grado di causare putrefazione nei tessuti, per poi digerirli con calma… tentacoli fustigarono l’aria e persone, lame e incantesimi sibilarono in risposta.
Nonostante qualche ferita, nel giro di pochi minuti tutta la grotta era tornata al suo silenzio e i funghi viola giacevano a pezzi o bruciati. 

Il gruppo avanzò. Altro bivio. Altre decisioni. Fino ad un cunicolo che scendeva in basso, allagandosi. Anche il soffitto si inabissava, rendendo impossibile percorrerlo senza immergersi completamente.
Quanto era lungo? Dove sbucava? Prima di rischiare di affogare o di restare bloccati in un vicolo cieco, mandarono Breena in avanscoperta. La druida mutò in un coccodrillo e sparì nelle acque nere, per poi tornare con le risposte: la galleria non era troppo lunga, e poi riemergeva fuori dall’acqua..con una buona apnea potevano passare tutti.

Non andò così per Katrina, che impacciata dalla pesante armatura restò incastrata da uno degli spuntoni rocciosi. Alla cieca, nel panico, le mancò il respirò. Aria. Aveva bisogno d’aria. Bogro tentò di salvarla ma la sua mole non lo aiutava in quello stretto budello così irregolare, anche lui finì col bere. Dhorna fece appello a tutte le sue capacità bardiche, cercando di incoraggiare e rendere più determinato ancora il mezzorco. Dopo attimi di panico e apprensione, finalmente riemerse con Katrina quasi affogata.
Ripresero tutti fiato e proseguirono, anche se i due erano stremati e affaticati.

Giunsero in una lunga caverna che terminava nel vuoto. Sotto di essi, potevano vedere il pavimento di una grotta sottostante.
Si calarono e la vista li lasciò senza fiato: si trovavano in una enorme cavità sotterranea, forse creata da ripetuti cedimenti del terreno. 
Non ne vedevano i confini ma vedevano davanti a loro un profondo crepaccio, e dal lato opposto, finalmente, pietra lavorata. Blocchi squadrati e colonne che formavano la facciata del Tempio che stavano cercando. Una enorme porta a due ante, anch’essa in pietra decorata da bassorilievi, al centro della parete.
Di tutto quel labirinto di cunicoli e gallerie, pieno di chissà quali orrori e pericoli, non si sa come erano riusciti a percorrere la via più breve e relativamente sicura. Loro lo chiamano istinto e capacità, ma io che ne ho  visti tanti passare in questa locanda a vantarsi, la chiamerei fortuna dei principianti… ad ogni modo, non era mica finita: erano solo all’inizio.

Individuarono il punto in cui i due bordi del baratro erano più ravvicinati, poi Bogro saltò dall’altro lato, e passò una corda per far passare in sicurezza tutti gli altri… nel frattempo però, in lontananza una strana sagoma fluttuava nell’aria, con esaperante ma inesorabile lentezza verso di loro. Nel buio totale, anche coloro che avevano la scurovisione a quella distanza facevano fatica a capire esattamente cosa fosse, ma quel poco che si intuiva era inquietante: una sfera con alcune protuberanze sulla parte superiore…e quello al centro era forse una specie di occhio??

Pochi solo coloro che possono dire di aver visto veramente un Beholder (perché quelli che l’hanno visto sono morti, di solito) eppure nonostante questo la sua figura è conosciuta e temuta da ogni avventuriero…forse perché è presente su molti bestiari, trattati, arazzi, dipinti e anche canzoni di qualche menestrello…. È per questo che anche loro, che di sicuro mai ne avevano visto uno, cominciarono a tremare al pensiero di quella figura che avanzava verso di loro.
Qualunque persona dotata di un minimo di senno e di senso di auto-preservazione sarebbe scappata a gambe levate prima di entrare nel raggio d’azione dei suoi terribili incantesimi, ma sappiamo bene l’incoscienza che regnava in quella bizzarra scombiccherata compagnia e il buon senso stava ben lontano… alzarono gli archi e fischiarono le frecce…
Ne bastò una. Una soltanto. Quella palla esplose in un istante, come una bolla di sapone, rilasciando una enorme nube di mefitiche spore.
Grazie agli Dei non era un Beholder… ma una Spora Gassosa… un fungo parassitico che fluttua, esplodendo al primo contatto con una creatura …da lontano sono spesso scambiate per beholder dagli occhi meno attenti…E grazie agli Dei erano anche abbastanza lontani da evitare di inalare le spore. Non vi racconterò gli effetti che ne sarebbero conseguiti, non qui davanti al mio bancone… non vorrei vedervi vomitare nella mia Locanda…
Superato l’ennesimo pericolo, con tutta la forza che disponevano spinsero una delle grandi porte di pietra, ed entrarono finalmente nel Tempio… il bello cominciava ora…

lunedì 11 marzo 2019

Spade, Maghi e Pestilenze. Capitolo 5 – Il sagace enigma di Adajelmus




L’illustre, savio, venerabile, sapiente Adajelmus con aria teatrale estrasse le secche braccia dalle ampie maniche e prese a declamare il suo enigma, a quanto pare tratto da una sua storia vera:

Tempo fa giunsero da me 3 fratelli barbari. Il loro padre era morto e aveva disposto che l’eredità, consistente in 17 cavalli, andasse divisa secondo queste proporzioni: al Primogenito sarebbe andata la metà. Al Secondogenito 1/3 del totale, mentre al più piccolo, solo 1/9 dei cavalli.

Ovviamente i cavalli andavano ereditati vivi e non a pezzi.

Gli Uthgardt, gente saggia, fiera e di temperamento, spesso non brillava per apertura mentale e i tre fratelli si rifiutavano di accordarsi per una suddivisione di buon senso, magari arrotondando visto che la cifra non era perfettamente divisibile e non volevano riunciare a nulla di quanto dovuto…quindi giunsero da me affinchè gli trovassi una equa soluzione.

Dopo averci riflettuto, proposi una soluzione, e i tre fratelli se ne andarono contenti e soddisfatti con la loro giusta quota di cavalli, e io guadagnai la mia ricompensa.

Quale fu la mia brillante soluzione?

Il savio Adajelmus restò in attesa, con gli occhietti arzilli che passavano da uno all’altro.
Il primo a giungere ad una soluzione fu Bogro. Aveva solo 10 dita, e l’eredità era di 17 cavalli, quindi era impossibile da risolvere una cifra così elevata. Inoltre sarebbe bastato che il maggiore dei fratelli mazzuolasse per bene gli altri e si prendesse tutto.
La grazia di Tymora fece si che quelli restassero suoi pensieri e non la risposta del gruppo. 
Gli altri fissarono lo stregone, più intento di tutti a riflettere, e ad un certo punto fisso su un particolare all’ingresso.
Aran guardando Adobaldo, il ronzino del vecchio, ebbe una intuizione… e se avesse fatto parte della soluzione? Magari il venerabile Adajelmus si era preso un cavallo come pagamento, lasciandone 16, più facilmente divisibili…ma non tornavano comunque le frazioni… no, non era così.

Le menti friggevano, i pensieri fremevano, la soluzione "presa per il collo" di Bogro sempre sinistramente in agguato, i 5 compagni confabulavano tra loro, indecisi..finchè.. la soluzione! Ecco come aveva fatto!
Adobaldo in qualche modo c’entrava: Il savio venerabile illuminato aveva aggiunto il suo cavallo al totale dell’eredità, portandola a 18 elementi. A quel punto il primo fratello avrebbe preso 9 cavalli, il secondo 6 (1/3 di 18) e il minore 2 cavalli. Ogni frazione tornava… però 9+6+2 faceva 17…avanzava 1 cavallo, quello di Adajelmus, che se lo riprese insieme alla gratitudine e alla ricompensa degli Uthgardt.

Con aria compiaciuta e senza tradire stupore, il Sapiente Vecchio confermò la soluzione e rivelò loro la posizione del Tempio di Alanuk, disegnando una mappa nella cenere.

Il tempio, la cui facciata in ere remote sorgeva all’esterno, era sprofondato nel sottosuolo ed era accessibile solo da un complesso di caverne franose e pericolose.
Neanche il savio Adajelmus aveva idea delle condizioni esatte del tempio, ma supponeva che visti i numerosi cedimenti franosi, supponeva fosse ormai ben poco intero.
Questo al gruppo interessava relativamente, il loro scopo era farsi strada la sotto e cercare (se davvero era li) il Bastone delle Carestie.
Il Vecchio li accompagnò per un pezzo, mostrando l’ingresso della grotta. Effettivamente tale ingresso non sarebbe stato facile da trovare senza il suo aiuto, visto che dal sentiero che avevano percorso, non si vedeva, nascosta com’era  in alto da un costone roccioso e da una fitta vegetazione ormai cresciuta senza controllo.
Era tempo di sguainare le armi, e scendere nell’ignoto…

Spade, Maghi e Pestilenze. Capitolo 4 – Barbari e Vecchi Eremiti



Maran rivelò la sua identità: era a capo di una cellula Arpista, e aveva bisogno del loro aiuto. Dovevano al più presto controllare i tre potenziali luoghi che potevano nascondere il Bastone.
Ai nostri prodi avventurieri sarebbe toccato quello teoricamente meno pericoloso, ma non per questo meno insidioso: il tempio di Alanur.
La missione prevedeva di raggiungere le pendici meridionali della Spina Dorsale del Mondo, vicino a Raven Rock e rintracciare un vecchio eremita che avrebbe potuto aiutarli a individuare le rovine del Tempio.

La prima parte del viaggio filò via veloce, unendosi ad una carovana diretta a Luskan, impiegarono 4 giorni per giungere in vista delle mura. La carovana non costò nulla grazie ad un accordo di protezione:  i nostri avventurieri erano armati e minacciosi e si offrirono come scorta in cambio del trasporto.
Da li in poi, deviarono ad est sulla strada verso Mirabar, per abbandonarla circa a metà e proseguire a nord.
Erano stati avvisati che quello era territorio Uthgardt, ma quello che non si aspettavano era di finire dentro una zona considerata sacra. Era territorio della tribù dei Black Raven.
Putroppo le loro tracce nella neve, e le meravigliose sentinelle in groppa a corvi giganti, li individuarono infrangere i sacri confini e si trovarono presto circondati. A Bogro prudevano già le mani al pensiero di una gigantesca battaglia ma per fortuna gli altri si resero conto che sarebbe stato uno scontro impari.
Che fare? Fuggire..resistere..consegnarsi?
Momenti di tensione. Poi decisero...
A capo chino, vennero condotti dinnanzi al capo della tribù, nel villaggio dei barbari.
La faccia di Ostagar Tenfeather non prometteva nulla di buono. Tra i vari clan degli Uthgartd, i Black Raven erano tra i più radicali e tradizionalisti, e come tutti diffidenti e ostili alle magie arcane, agli arcanisti e agli oggetti magici, e questo non faceva che aumentare il rischio per quello sgangherato e sperduto gruppo di avventurieri.
L’ignoranza, per quanto sincera, del fatto di aver calpestato una zona sacra, non pareva un’attenuante e probabilmente li avrebbe ora attesi un giudizio piuttosto duro, forse da risolvere con una sfida rituale tra un loro campione e un avventuriero. Ignoro come possa esser ritenuta giustizia una questione risolta a mazzate, ma non è questo il momento di filosofia barbarica del nord… Prima di tutto tra l’altro doveva pronunciarsi Ojin.
Ojin Voninsdottir era la sciamana suprema, e di fronte ai perplessi prigionieri iniziò un rituale.
Tamburi, uniti a basse voci baritonali scandirono alcune parole sconosciute invocando gli spiriti guida, e in quel ritmo la sciamana gettò degli ossicini nel fuoco, osservando le fiamme. Poi le estinse  con un bastoncino prese a “leggere” le ossa nelle braci.
Sgomenta, chiamò a se Ostagar, e confabularono con aria preoccupata.
Non so se sia la fortuna che davvero aiuta gli audaci (o gli stolti?) o se leggere delle ossa sia davvero così funzionale, o forse gli spiriti quel giorno erano fin troppo pacifici, ma così parlarono: i 5 eroi dicevano la verità, ed erano in gioco forze malvage e un destino tremendo sul mondo, quindi non solo andavano liberati ma aiutati.
A malincuore, Ostagar seguì gli ordini della sciamana e assegnò anche due esploratori al gruppo, che li avrebbero scortati al rifugio del Vecchio Eremita. E meno male, perché Bogro, stufo di troppe parole, stava già per iniziare a prender per il collo qualcuno, mentre la petulante gnoma Breena coi suoi commenti non faceva altro che infastidire i barbari.

La prima cosa che notarono, sotto le chiazze di neve, fu l’orto recintato fuori dalla grotta, ovviamente incolto vista la stagione, forse ad eccezione di qualche verza.
All’ingresso della grotta che fungeva da casa, subito a destra c’era un’altra piccola cavità che ospitava il suo tozzo e robusto cavallo da tiro.
Lui era la, davanti al fuoco. Il vecchio saggio eremita Adajelmus.
Una figura barbuta a gambe incrociate stava meditando (in vero stava dormendo, ma mai l’avrebbe ammesso). Ridestandosi, accolse gli eroi con una voce raschiante e fastidiosa, felice che qualcosa cambiasse la sua presumibilmente noiosa routine quotidiana.
Anche in questo caso il sistema immediato per farlo parlare, secondo Bogro, era prenderlo per il collo, ma per fortuna dell’ottuso mezzorco si procedette per altre vie.
Adajelmus ascoltò la loro storia e la loro richiesta ma prima di aiutarli, era necessario che mettesse alla prova la loro saggezza e scaltrezza. Ma perché, direte voi?
Bah!Vorrete mica negare ad un vecchio annoiato un po’ di divertimento e di autocompiacimento?