giovedì 12 dicembre 2024

CHI TROVA UN FALSARIO..TROVA UN TESORO (16)

CAPITOLO 16 - Tutto è bene ciò che finisce male

Dopo una notte di bagordi, visto che lo finto banchetto nuzial andava comunque consumato, per la Compagnia era tempo di decisioni.
Quella missione, dal principio semplice, li avea condotti lungo un percorso inaspettato e ricchezze e petecchioni ora plagiavan la loro bussola iniziale.
Con un borgo da ricostruire e far proprio, che gl'importava di quel vecchio bacucco del Duca-Conte di Rocca Malpresa?
La compagnia ordunque si sciolse, Pacioso e il Dottor Pio avrebber condotto Ugo al cospetto del Duca-Conte, mentre Gerundo e Inese scelser di restar in quei feudi e prosperare.
L'ultimo tratto di cammin insieme fu condotto fino a Treccastagne, dove da li in poi il terzetto insieme al fido e mai domo mulo Juanin, avrebber proseguito il solitudine e mestizia.

Giunti nei pressi del borgo devastato notaron che qualche esule era tornato e qualcun stava provando a rimetter a posto le cose rimettendo in moto la laboriosità tipica dei testardi abitanti.
Un vecchietto storto e piegato come una falce, stava finendo di apporre il nuovo cartello all'ingresso dell'abitato: Duccastagni
Lo sguardo corse alla piazza central del paese, dove dei tre caratteristici castagni n'eran rimasti solo due.
Quel che restava del terzo era già divenuto tavole e legname d'utilizzo.
Il mulo Juanin raglìò peggio d'un asino, come parodia di beffarda risata equina, quasi avesse compreso pur lui le implicazioni di ciò. 
Il lor papiro di pretesa su Treccastagni era, al momento, carta straccia da pulir deretani.
Gerundo per poco non si strozzò, poi prese a minacciar a destra e a manca per tornar al nome originale, ma fu Inese a far ragionare i villici, ricordando lor che il Barone voleva finanziar la ricostruzione, e conveniva quindi chiamarsi TRECcastagni.

Con Gerundo e Inese al borgo a sovrintender e far da padroni, il resto del gruppo proseguì, superò Guado Schifia, e riprese la via per Rocca Malpresa, sempre guardinghi e attenti.
C'eran bande di sbandati e disertori dell'assedio in giro, e soprattutto quel dannato Illusitano dalla parlata straniera. Era ben star in campana.

Al secondo giorno di viaggio, vicino al un crocevia segnato da ruderi di due o tre vecchie cascine, i timori si rivelaron fondati.
Eccolo la, col suo spadon d'acciaio pien di tacche, sinistro e cupo come l'ingiunzion d'una tassa.
Mormorò tetro la sua frase d'ordinanza.
"Mi nombre es Inigo Montoya, tu mataste mi padre e vos otros me inculaste con la fandonia...preparateve a morir!"
Ugo, con presenza di spirito, obiettò che lui era solo e lor eran ben in tre, anzi quattro con lo coriaceo quadrupede.
"Solo? ooooh..nooo.. non da solo! Ehehehehe"
Uno sbuffo di zolfo e la figura di Squinternia comparve allo suo fianco, evocando poi dal terreno i miseri resti di Ulna e Omero, suoi scheletrici chittemmorti servitori.
Anche lei non avea dimenticato lo sgarro. E il fatto che non si eran presi la briga di spaccar in testa il palantìro al fetente volturniese una volta trovato, come promesso.
Li aveva trovati però grazie all'intruglio che gli aveva fatto ber a suo tempore.

Il Dottor Pio intuì che per fortuna non era Squinternia in carne(poca) e ossa, ma una sua proiezione illusoria. 
Ma la megera stava ora benedicendo e proteggendo Inigo, e gli scheletri quelli si eran veri.
Senza i lor compagni era veramente difficile salvar la pelle stavolta.
Il Dottor Pio evocò un diavolo di polvere che confuse gli assalitori dal loro incedere, e poi alzò un polverone accecante.

Strategia perfetta per attaccar di sorpresa. 
Inigo si mise in parata.

Niun attacco giunse, perchè la miglior difesa est la fuga.
E i tre già sfrecciavan tra le campagne, strinando il povero mulo, troppo vecchio per quelle cose.
Juanin scalciò Pacioso per deviar bizzoso e cambiar strada.
Fu un momento straziante.
Lasciar fuggir l'amata bestia, o tentarne il recupero venendo raggiunti?
Era pur sempre un gramo mulo, et la vita est solo una.
Vinse la prima ipotesi.
Scapicollaron fino a stremarsi, seminando i terribili vendicatori.
Il resto del viaggio proseguì cupo, nel timore d'esser trovati e nel pensiero del buon Juanin.
Giunser infin nell'ameno ma familiare Roccasecca di Rocca Malpresa.

La missione era compiuta.

Ugo da Volturnia ricongiunto al buon padron Duca-Conte Piermatteo Barambani Cobram III, come nelle fabule at lieto fine.
I due si strinser in fraterno abbraccio.
Poi Ugo sussultò. Boccheggiò. Si accasciò.
Allo fianco, il pugnal del Duca-Conte, che lo accusava d'aver occultato tutto lo tesoro della Rocca.
Ugo negò, ma ogni torsion dell'arma era un tripudio di dolor e tortura.
Pacioso perse la pazienza aggrappandosi anche lui al pugnal per infierire contro quel Volturniese inaffidabile e traditor.
L'uomo confessò:
Pria dell'arrivo dei Banditi a Roccasecca, per metter al sicuro il tesoro, fuse tutto l'oro, facendone una gigantesca mazza poi coperta de latta e ferraccio.
Un'arma siffattamente pesante da poter esser brandita sol dal deforme Mostro di Roccasecca.
E che niun di sano intelletto avrebbe mai provato a sottrarla.
Un posto sicurissimo et affidabile.
Talmente affidabile che il gigante era scomparso.
E con lui once ed once d'aureo minerale.
Lo Duca-Conte era paonazzo d'ira.
E voi che state ascoltando codesta storia, capirete or ora che lo spoiler fin da principio era nel titolo.
Maledetto Ugo da Volturnia!
Chissà dove sarà la mazza... ma questa è un'altra storia, che questa è giunta alla sua fin, soprattutto per il povero Ugo.

L'ultimo pensier torna a Treccastagni, ove un mulo fradicio e smagrito, torna alla chetichella nello borgo. Trovato da Gerundo e Inese, che vedendolo solo soletto, vedon in lui una speranza: quella di dover divider ogni bottino in due, e non in quattro.
Maledette Canaglie.

Fine.



CHI TROVA UN FALSARIO..TROVA UN TESORO (15)

CAPITOLO 15 - Nozze Rosse scansatevi proprio


Mancava poco al terminar della tregua, e l'arrivo delle canaglie all'accampamento degli assedianti con Brigilda al seguito fu accolto con stupore et meraviglia.
Sembravan del cialtroni, eppur l'avevan sottratta a quel truce mercenario.
Il Barone fu rassicurato sulla di lei virtù intatta da Inese, e dispose lo smantellamento dello campo d'assedio e il matrimonio al tramonto del dì successivo.

Sbrigate le formalità e sottratti ancora altri petecchioni con i più meschini raggiri al Barone soddisfatto e ignaro, fecer rotta verso le mura per riconsegnar la figliola ribelle e spiegare il vero piano, nonchè per scucire anche qui benefici, pecunia e promesse, tra cui l'impegno a finanziare la ricostruzione di Treccastagni e l'assegnazione di nuovi nomi e un finto grado nobiliare per passar da Vassalli del Barone, e gabbar i sempre troppo poco maledetti Cacciatori di EquiTaglia.

La serata trascorse all'Osteria del Gallo Ciecato, gestita da una molesta alaziese chiamata Sora Neta e qui, insperatamente, Gerundo trovò notizie della donnona che alla giostra dei poveri avea fatto da cavalcatura per il cavaliere, e gli era rimasta nel cuore: Alfea era la figlia di Sora Neta!
Gerundo convinse l'ostessa a interceder per far venire alle nozze la robusta ragazzona con lui.

Era quasi il tramonto del giorno successivo e tutto era pronto per lo sposalizio fittizio.
Lo stato d'allerta cessato.
I pesanti portoni riaperti ad accoglier gli ex nemici.
I nostri eroi agghindati pacchianamente con nuove vesti nobiliari di dubbio gusto prese coi proventi dello strozzinaggio al Barone.
I soldati di Vignole erano ovunque, travisati da popolani acclamanti e anonimi pezzenti, col le armi ben nascoste.
Le guardie in divisa da parata e apparentemente disarmate.
Il Barone Dello Scalzone per contro, schierava un buon numero di suoi sodali anch'essi agghindati da parata.
Il grosso dell'esercito era invece a festeggiar al campo in smantellamento per la scampata guerra e soprattutto per l'aver evitato di lasciarci la pellaccia per gli stolti capricci dei feudatari.
Tutti speravan per il meglio, ma sapevan ch'era in agguato il peggio.
Tutti tranne i Dello Scalzone.

Soltanto chi era al corrente dell'orrendo tradimento potea percepir la tensione crescente, la strana sensazione di carneficina imminente, mentre il Barove Mavco Monico dello Scalzone conduceva il suo pupillo Prudenzio all'interno della Cattedral di Vignole ad attender, come d'uso, l'inceder successivo della Sposa.
Brigila era agghindata come una bomboniera.
Per un attimo la madre si intristì al pensier della farsa, nel vederla così bella e femminile, lei sempre così maschiaccio e pugnace.

Tuttavia, niuna sposa entrò quel giorno.
Ad un segnale convenuto, cappe e mantelli mostraron armi nascoste, e con un tonfo la Chiesa fu sbarrata.
Le guardie di Serravalle reagirono, ma oltre ai soldati anche la folla inferocita or si gettava su quei marrani che per giorni avean assediato il lor paese.
Dalla parte opposta alla collina, con perfetto tempismo, quella che pria era sol una nuvola di polvere, si rivelò come il corpo mercenario dei Balenghi Raminghi capitanato dal prode Giobatta Bratto, alla carica verso lo sprovveduto campo dei soldati rimasti fuori.
Confusione, sorpresa, paura rallentaron le reazioni dei militari che provaron a reagire, fronteggiando i mercenari.
Dalle mura però, sceser quelli di Vignole, infoiati, a chiudersi a tenaglia.
L'esercito di Serravalle Schifia, senza guida e senza capirci una ceppa, finì così in rotta, arrendendosi in breve.
A tarda notte anche il Barone in Cattredral asserragliato accettò la resa, fu fatto uscire e legato in guisa di salame fu rispedito a calci nello suo feudo insiem allo suo esercito disarmato.
Era stato un successo.



mercoledì 4 dicembre 2024

CHI TROVA UN FALSARIO..TROVA UN TESORO (14)

CAPITOLO 14 - A colpi di carte bollate e charme

A fronte di tutte le novelle apprese, principiò una girandola diplomatica di supercazzole e sotterfugi. Prima Gerundo e il Dottor Pio tornaron all'accampamento riferendo ai compagni (che nel frattempo avevan scampato per un pelo la visita dello Straniero che aveva fiutato le lor tracce) poi a rapporto da Barone dello Scalzone, cercaron di convincerlo a mandar le sue forze, congiunte a quelle di Vignole, ad assalir li mercenari al soldo di Giobatta Bratto e riprender la donzella (raccontando che era stata rapita, e non li di sua volontà o per amor cortese).

Troppa era la diffidenza tra i due contendenti nel far la prima mossa e allor si giunse ad altra strategia: sarebbero state le canaglie con mission quatta quatta e furtiva a far ratto di Brigilda sottraendola allo bruto, in cambio di petecchioni sonanti, favori e terreni.
Tornaron ancora alle mura di Vignole e con una scusa si fecer consegnar finalmente Ugo, sottraendolo alle patrie galere, sostenendo che era l'unico che podea rintracciar li mercenari del Capitan di Ventura.
Si fecer prometter, su carta pecora bollata, anche lo lascito del malandato borgo di Treccastagni.

Senza indugio partiron alla ricerca delli mercenari, rintanati in vecchia fortezza in ricostruzione su una collina a men di un dì di pedestre cammino.
Il Volturniese, nel suo colorito dialetto, suggerì più volte di tagliar la corda e lasciar perder la guerra, che era cosa grama e pericolosa, ma ormai anche se l'avean ritrovato e liberato, le canaglie eran attirate dal profumo dei petecchioni sonanti e dalle promesse di terre e gloria.
Mentre discorrevan con l'ambito Volturiese dell'amico Duca-Conte Cobram III e di tutte le disavventure avvenute fin li, dietro una curva del sentier, ecco tetra figura ammantata accanto ad un albero, come in paziente ferale attesa.
Stava appoggiata ad enorme spadone malridotto, usato come bastone.
Lo Straniero dall'accento criminese.
Non aveva mollato la presa.
E ora eccolo li.
Guardava Ugo con astio, e fu allor chiaro che non lo stava cercando per salvarlo o aiutarlo, ma per accopparlo di buona lena.
Quando parlò, non fu più nel suo finto ostentato accento criminese, ma in idioma lontano dell'Illusitania, la terra oltre la Frangia.
La sua vera origine.
La sua vera identità.
Terra di vini e leggendario acciaio, come quello del malandato ma ancor resistente spadone.
"Hola, Ugo da Volturnia, mi nombre es Inigo Montoya, tu mataste mi padre e me ustionaste el volto con tremenda explosion...preparate a morir!"

Il terrore serpeggiò per un momento di fronte a cotal risolutezza, chiaro come la chiazza de piscio che lordò le brache del volturniese (per altro già belle lercie, visto lo perdurar in galera).
Ma Inigo Montoya non cercava la pugna con loro, ingiunse di togliersi di mezzo.
Cercaron di prender tempo, capire come sfangarla.
Non potean certo lasciargli massacrar il tanto bramato Ugo.

Fu il Dottor Pio a risolverla, con infido uso di fandonia ammaliante, che blandì i bollori Illusitani, rinvigorendo la loro amicizia e calmando lo suo animo, con false promesse che per or il Volturniese gli serviva, ma poi gliel'avrebber lasciato.

Poco più avanti, in quell'ameno sentiero, trovaron anche un altar votivo a San Lisergico, da cui sottrasser strane erbe e polvere fungina, non senza adeguata offerta in conio. Che era meglio non far incazzar li Santi.

Poco pria del tramonto, ecco la laboriosa collina su cui svettavan ammassi di pietre e ricordi di spesse mura che un tempo formavan robusta Fortezza.
Come formiche, homini et donne era all'opera per rabberciar o ricostruir parzialmente le rovine.
Quasi tutti armati.
I mercenari dei Balenghi Raminghi sotto il comando del Giobatta Bratto.

Pacioso andò, felinamente leggero, in avanscoperta sgusciando tra le mura e gli impalcati legnosi, scalando fin a dominar dall'alto la scena e individuar il quartier generale del Comandante, che intravvide insieme ad una pulzella (era dunque lei Brigilda?) e uno frate che se lamentava.

Riferito il tutto ai compagni, ogni ingranaggio in quelle crape bacate iniziò a macinar piani su piani.
L'idea iniziale di schiattar il Capitano innanzi alla sua bella fu scartata, anche perchè una visione del Palantìro bacato mostrò che difficilmente quel bastardo sarebbe crepato tanto facilmente.
Alla fine si affidaron alla favella e all'improvvisazione, e allo sfruttar la sempre cara avidità propria di ogni esser raziocinante et humano.
Con l'aiuto di Ugo prepararon anche l'ennesimo documento falso a perorar la loro ingannevole causa.

Furon condotti al cospetto del Giobatta, ma lo scopriron homo di tempra anche morale oltre che fisica, e di titoli se ne facea poco.
Da gran stratega però, suggerì lui un piano.
La situazione tra i due feudi giaceva al momento in stallo.
Il Barone di Serravalle contava almeno 80 soldati, quasi lo doppio dei difensori, che dalla loro però avean le mura e la strategica locazion del borgo a compensar la disparità.
Il Capitan di Ventura suggerì che se Serravalle avesse fatto conto di aver dalla sua anche un incremento numerico dato dal gruppo mercenario, allora avrebbe rotto gli indugi e attaccato.
Ma una volta sotto le mura, i mercenari avrebber rivelato le vere intenzioni e preso quei fessi tra due fuochi.
Soluzion cruenta e efficace, per quanto poco onorevole.

L'idea stimolò nuovi sviluppi, e fu modificata a modo lor dalle canaglie.
E se avesser portato Brigilda, inscenato l'inizio del maritamento facendo scattar la pace e abbassar la guardia a tutti, e poi con l'arrivo dei mercenari preso alla sprovvista l'esercito di Serravalle e mandato a monte tutto e chiesta la resa?
Brigilda acconsentì alla sceneggiata.
Era tutto nelle mani dello Padre Terno. E di un po' di culo, una volta tanto.
Ma c'era mai stato un piano che aveva funzionato fino in fondo?