mercoledì 4 dicembre 2024

CHI TROVA UN FALSARIO..TROVA UN TESORO (14)

CAPITOLO 14 - A colpi di carte bollate e charme

A fronte di tutte le novelle apprese, principiò una girandola diplomatica di supercazzole e sotterfugi. Prima Gerundo e il Dottor Pio tornaron all'accampamento riferendo ai compagni (che nel frattempo avevan scampato per un pelo la visita dello Straniero che aveva fiutato le lor tracce) poi a rapporto da Barone dello Scalzone, cercaron di convincerlo a mandar le sue forze, congiunte a quelle di Vignole, ad assalir li mercenari al soldo di Giobatta Bratto e riprender la donzella (raccontando che era stata rapita, e non li di sua volontà o per amor cortese).

Troppa era la diffidenza tra i due contendenti nel far la prima mossa e allor si giunse ad altra strategia: sarebbero state le canaglie con mission quatta quatta e furtiva a far ratto di Brigilda sottraendola allo bruto, in cambio di petecchioni sonanti, favori e terreni.
Tornaron ancora alle mura di Vignole e con una scusa si fecer consegnar finalmente Ugo, sottraendolo alle patrie galere, sostenendo che era l'unico che podea rintracciar li mercenari del Capitan di Ventura.
Si fecer prometter, su carta pecora bollata, anche lo lascito del malandato borgo di Treccastagni.

Senza indugio partiron alla ricerca delli mercenari, rintanati in vecchia fortezza in ricostruzione su una collina a men di un dì di pedestre cammino.
Il Volturniese, nel suo colorito dialetto, suggerì più volte di tagliar la corda e lasciar perder la guerra, che era cosa grama e pericolosa, ma ormai anche se l'avean ritrovato e liberato, le canaglie eran attirate dal profumo dei petecchioni sonanti e dalle promesse di terre e gloria.
Mentre discorrevan con l'ambito Volturiese dell'amico Duca-Conte Cobram III e di tutte le disavventure avvenute fin li, dietro una curva del sentier, ecco tetra figura ammantata accanto ad un albero, come in paziente ferale attesa.
Stava appoggiata ad enorme spadone malridotto, usato come bastone.
Lo Straniero dall'accento criminese.
Non aveva mollato la presa.
E ora eccolo li.
Guardava Ugo con astio, e fu allor chiaro che non lo stava cercando per salvarlo o aiutarlo, ma per accopparlo di buona lena.
Quando parlò, non fu più nel suo finto ostentato accento criminese, ma in idioma lontano dell'Illusitania, la terra oltre la Frangia.
La sua vera origine.
La sua vera identità.
Terra di vini e leggendario acciaio, come quello del malandato ma ancor resistente spadone.
"Hola, Ugo da Volturnia, mi nombre es Inigo Montoya, tu mataste mi padre e me ustionaste el volto con tremenda explosion...preparate a morir!"

Il terrore serpeggiò per un momento di fronte a cotal risolutezza, chiaro come la chiazza de piscio che lordò le brache del volturniese (per altro già belle lercie, visto lo perdurar in galera).
Ma Inigo Montoya non cercava la pugna con loro, ingiunse di togliersi di mezzo.
Cercaron di prender tempo, capire come sfangarla.
Non potean certo lasciargli massacrar il tanto bramato Ugo.

Fu il Dottor Pio a risolverla, con infido uso di fandonia ammaliante, che blandì i bollori Illusitani, rinvigorendo la loro amicizia e calmando lo suo animo, con false promesse che per or il Volturniese gli serviva, ma poi gliel'avrebber lasciato.

Poco più avanti, in quell'ameno sentiero, trovaron anche un altar votivo a San Lisergico, da cui sottrasser strane erbe e polvere fungina, non senza adeguata offerta in conio. Che era meglio non far incazzar li Santi.

Poco pria del tramonto, ecco la laboriosa collina su cui svettavan ammassi di pietre e ricordi di spesse mura che un tempo formavan robusta Fortezza.
Come formiche, homini et donne era all'opera per rabberciar o ricostruir parzialmente le rovine.
Quasi tutti armati.
I mercenari dei Balenghi Raminghi sotto il comando del Giobatta Bratto.

Pacioso andò, felinamente leggero, in avanscoperta sgusciando tra le mura e gli impalcati legnosi, scalando fin a dominar dall'alto la scena e individuar il quartier generale del Comandante, che intravvide insieme ad una pulzella (era dunque lei Brigilda?) e uno frate che se lamentava.

Riferito il tutto ai compagni, ogni ingranaggio in quelle crape bacate iniziò a macinar piani su piani.
L'idea iniziale di schiattar il Capitano innanzi alla sua bella fu scartata, anche perchè una visione del Palantìro bacato mostrò che difficilmente quel bastardo sarebbe crepato tanto facilmente.
Alla fine si affidaron alla favella e all'improvvisazione, e allo sfruttar la sempre cara avidità propria di ogni esser raziocinante et humano.
Con l'aiuto di Ugo prepararon anche l'ennesimo documento falso a perorar la loro ingannevole causa.

Furon condotti al cospetto del Giobatta, ma lo scopriron homo di tempra anche morale oltre che fisica, e di titoli se ne facea poco.
Da gran stratega però, suggerì lui un piano.
La situazione tra i due feudi giaceva al momento in stallo.
Il Barone di Serravalle contava almeno 80 soldati, quasi lo doppio dei difensori, che dalla loro però avean le mura e la strategica locazion del borgo a compensar la disparità.
Il Capitan di Ventura suggerì che se Serravalle avesse fatto conto di aver dalla sua anche un incremento numerico dato dal gruppo mercenario, allora avrebbe rotto gli indugi e attaccato.
Ma una volta sotto le mura, i mercenari avrebber rivelato le vere intenzioni e preso quei fessi tra due fuochi.
Soluzion cruenta e efficace, per quanto poco onorevole.

L'idea stimolò nuovi sviluppi, e fu modificata a modo lor dalle canaglie.
E se avesser portato Brigilda, inscenato l'inizio del maritamento facendo scattar la pace e abbassar la guardia a tutti, e poi con l'arrivo dei mercenari preso alla sprovvista l'esercito di Serravalle e mandato a monte tutto e chiesta la resa?
Brigilda acconsentì alla sceneggiata.
Era tutto nelle mani dello Padre Terno. E di un po' di culo, una volta tanto.
Ma c'era mai stato un piano che aveva funzionato fino in fondo?




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