mercoledì 23 aprile 2025

LA NOTTE DEI 1000 SUICIDI (7)

Il Male Minore

"Nella mia esperienza, un amico è semplicemente un conoscente che deve ancora tradirti..quindi, va, uccidili ora" (Zed Graff)

La Fortezza Infranta torreggiava su uno sperone di roccia tra vene magmatiche, simile ad una scogliera.
Si fermarono a distanza di sicurezza, nascosti dietro un grosso masso, per studiare la situazione.
Il ponte di grosse pietre squadrate era ancora intero ma guardato da due figure inquietanti.
Uno sembrava un diavolo barbuto, ma l'altro era più grosso, deforme e pieno di spuntoni. Un hamatula, o diavolo uncinato.

Lentamente strisciarono tra quell'aspro terreno per cercare una via alternativa, visto che gran parte delle mura collassate potevano esser in qualche modo varcate.
Sum lanciò un incantesimo di volo, facendo il giro della struttura, e individuò un varco promettente.
La via per quel varco presupponeva saltare tra i canali di magma, in un caldo opprimente, ma aiutandosi riuscirono a infiltrarsi nel perimetro.
Per fortuna si accorsero di un nido di vespe infernali, da un lato della struttura, e riuscirono a non allarmarle mentre cercavano l'accesso ai sotterranei di cui gli aveva parlato Grunzak.
Infine trovarono una angusta scala a chiocciola che scendeva nel buio, nei sotterranei della fortezza, per fortuna più integri della parte superiore.
Molto cautamente avanzavano in quel buio silenzioso, stando attenti a trappole e pericoli, grazie alla sapiente perizia di Piotr, valutando attentamente ogni porta, ogni direzione, in quello che pareva un dedalo di cunicoli spogli e disadorni.
Soltanto qualche bassorilievo interrompeva la monotonia delle pareti di roccia rossastra, raffigurante diavoli o scene di battaglia con cavalieri infernali.

Trovarono altre scale, e scesero, e scesero ancora e ancora, sempre più disorientati, fino a giungere in una sala più grande sorretta da quattro grandi colonne. All'estremità c'era un altare con due statuette.
Mentre studiavano la stanza, Piotr si accorse quasi per caso di essersi appoggiato ad un passaggio segreto, ma non aveva idea di come si aprisse.
Poi capirono che era qualcosa legato all'altare.
Riuscirono finalmente a risolvere l'enigma, e ruotando la statua giusta si aprì un passaggio che scendeva nuovamente verso il basso, accogliendoli con una zaffata di calore insopportabile.
Il pavimento del piano inferiore era molto più malconcio e sgretolato degli altri, e grosse spaccature fendevano corridoi e terreno, facendo emergere lievi bave magmatiche, unica fonde di leggera luce.
Si fecero strada fino a uno stanzone circolare dominato da una brutta statua addossata ad una parete, e li, già conscio della loro visita, ad attenderli c'erano Zed e due diavoli barbuti.

Coi suoi modi suadenti il dannato provò a blandirli e a trattare, mentre loro cercarono di far leva sulla sua vanità nell'esaltare il suo piano e spiegarlo, facendogli confessare i suoi raggiri, sperando che in qualche modo qualcuno ascoltasse e Drasyad avesse tenuto fede alla sua parte di accordo.
Zed però non era certo stupido, e quando capì che non sarebbe riuscito a far accordi con loro, con un impercettibile cenno scatenò le guardie.

Infuriò lo scontro, in quell'ambiente non certo agevole in cui scivolare in una crepa del pavimento avrebbe significato morire sciolti nella lava.
La misteriosa statua, dagli occhi di rubino, pareva conferire al maledetto diavolo ulteriori poteri.
Richiamò altri servitori a difenderlo, mentre Piotr lanciò una carta magica che divenne uno Gnoll illusorio, che tenne occupato per un breve tempo uno di essi.
Ainwen caricò verso una delle guardie, mentre Sum si velocizzò magicamente e caricò direttamente al capo.
Ma Zed aveva straordinarie capacità ammalianti, e la volontà di Sum venne sommersa e confusa tanto da credere che ora lui l'amico, e i compagni solo vili traditori.
Corse indietro attaccando una sgomenta Ainwen, che prese a schivare disperata i colpi del compagno.
Grunzak si era eclissato diventando invisibile, e quasi imitandolo Piotr faceva capolino dalla porta per attaccare con la balestra per poi ritrarsi.

Mentre era nascosto in una rientranza del corridoio, sentì poi un boato tremendo e un'ondata di calore che sfiatò dalla stanza.
Zed aveva lanciato una palla di fuoco, perfino sul suo "alleato" Sum, lasciando tutti malconci, ma questo diede modo al tenente del Pugno Fiammante di scuotersi e liberarsi di quel giogo mentale.

Diavoli spinosi comparvero a dar man forte a Zed, e poi ancora piccoli e infidi mephit di fumo in grado di accecare col loro soffio di cenere.
William, ancora stremato dal giorno precedente, aveva poche energie ed appoggiato al muro bersagliava chi poteva con il suo nuovo potere..un raggio oscuro in grado di colpire a distanza.

Poi fu Ainwen a farsi sotto a Zed con grandi fendenti del suo spadone, ma la troppa foga la tradì e lui schivò beffardamente fino a tornare a guardarla con aria paterna e amichevole, e a dominarla come accaduto prima con Sum
Ora fu lei a scagliarsi contro i suoi amici, attaccandoli senza tregua.

Nel frattempo però tutti i servitori a parte qualche mephit erano stati eliminati e Zed spazientito si gettò tra di loro con i suoi terribili e forti artigli.
Piotr emerse alle sue spalle.
La terribile daga chiamata Aculeo di Levistus lo trapassò facilmente alle spalle, facendogli lanciare una serie di tremendi improperi in lingua infernale.

Ainwen (che era tornata libera dall'influenza diabolica) e Sum erano stremati, prossimi alla morte, ma anche Zed ora era gravemente ferito.
Si era quella sottile linea, la linea che demarcava un possibile trionfo da un totale disastro. 
Il primo a varcare quella linea fu lo spietato diavolo.
Con un colpo diretto poco sopra la gorgiera, riuscì ad agguantare il collo di Sum.
Intimò a tutti di fermarsi e allontanarsi.
Una stretta e per l'uomo era la fine.

Il tempo parve fermarsi.

Sum avrebbe voluto che i suoi compagni non si fermassero, ma vederlo ad un passo dalla morte li aveva bloccati.
Lo stallo parve durare un momento lunghissimo, e quando parvero non cedere, la pressione della potente mano di Zed si intensificò.
Proprio in quel momento però, i contorni infuocati di un portale di evocazione smossero l'aria alle loro spalle, facendo emergere una figura immane. Un Paeliryon.

Era Kurgimutrax.
"Basta così"
Quella voce infernale, orrendamente cavernosa e cupa fu capita persino da loro.
L'arroganza di Zed sparì di colpo, rendendolo servile e patetico.
Temeva il suo superiore.
Una nuova speranza illuminò i quattro eroi, pensando che il terribile paelyrion, scoperti tutti i sotterfugi messi in atto senza informarlo, fosse li per distruggerlo.
Invece per un attimo sembrò fiero e compiaciuto di un piano tanto ben riuscito e di diavoli di così alto rango fregati.
Zed si ricompose.

Sudarono freddo.

Come spesso accade però dopo un bel discorso, ci fu un "ma..."
E a quel "ma", l'espressione di Kurgimutrax divenne di una cattiveria spaventosa.
Quando fotti qualcuno, devi farlo fino in fondo. E non deve venirsi a sapere. Ma se vieni scoperto... puoi solo affrontare le conseguenze.
Zed aveva rischiato un fastidioso incidente diplomatico con un altro cerchio degli inferi, Minauros, e il suo sovrano Mammon non era certo qualcuno da inimicarsi, visto che c'erano già i Demoni a cui pensare nel dannato Avernus...
Il paelyrion afferrò malamente Zed attirandolo a se, ad un passo dalle sue orrende e fetide fauci. Poi l'orrenda mano gli avvolse la faccia e Zed iniziò ad avvizzire, tremare, ridursi.
Restò un piccolo cumulo di carne semovente a terra.
Un lemure.
Lo stadio più infimo e inferiore dell'esistenza dei diavoli.
La creatura strisciò pietosamente via.

Soltanto allora ripresero a respirare.
Sollievo.
Restavano li, impietriti davanti a quella spaventosa creatura che li studiava senza alcun timore coi suoi piccoli occhi malevoli.
Capirono di aver tralasciato un particolare nella loro ricerca di aiuto: se avessero sconfitto Zed da soli, avrebbero potuto recuperare tutte le Monete dell'Anima e donare la pace a tutte quelle vittime... ma ora....
Kurgimutrax infatti disse loro che potevano andare, li ringraziò per aver smascherato Zed, e gli fece notare la loro fortuna ad aver incontrato lui e a potersene andare vivi.
Provarono timidamente a reclamare le monete, rischiando di fargli cambiare idea sul "vivi".
Astutamente fu Grunzak ad intervenire e proporre un accordo.
Visto che le monete sarebbero state certamente nascoste in una scatola rompicapo infernale, propose di metter alla prova gli umani per vedere se riuscivano ad aprirla, e in caso di successo avrebbero preso metà del bottino (e metà di quella metà la reclamava lui, blaterando che sarebbe tornato così "quello di prima").
L'enorme paelyrion parve divertito dall'idea.
In fondo fallendo avrebbero fatto scattare qualche trappola di quell'aggeggio, e sarebbe stato divertente.

Cercarono nelle stanze a fianco e trovarono il bottino di Zed.
Parecchie monete d'oro con cui finanziava il Banco della Carità (sottratte a Mammon?), una strana chiave, e in un forziere la strana scatola infernale.
Era una grossa cassa nera dalle venature rossastre e dalle innumerevoli sfaccettature, coperta di incisioni in infernale e tre serrature.
Grunzak tradusse le scritte.
Si trattava di un insidioso enigma logico per scoprire la serratura giusta.
Era superfluo intuire che se avessero usato la serratura sbagliata sarebbe successo qualcosa di brutto.

Unirono gli sforzi, studiando ogni sfumatura di quelle parole, e grazie a Tymora trovarono la soluzione.
Dopo un attimo di tensione girarono la chiave e la scatola si aprì.
All'interno, un plico di contratti di prestito nuovi e in scadenza a Mezzestate, e una borsa conservante colma di monete dell'anima.
Soltanto gli uomini più malvagi possono trasportare più di una certa quantità di quelle infauste monete. Il loro peso, più che fisico, è mentale e morale. Per fortuna erano in quella borsa. E per fortuna avevano Grunzak.
Piotr lo legò con una corda, insieme alla sacca delle monete, e dopo averne dato la metà a Kurgimutrax se ne andarono velocemente, liberandosi della sua terribile e opprimente presenza.

Tornarono alle Mura, da Drasyad, e da li furono accompagnati al portale.
Lungo il tragitto non poterono fare a meno di pensare a cosa sarebbe successo se nel frattempo i soldati avvisati da William prima di gettarsi li, avessero scoperto il portale e l'avessero distrutto.
Arrivarono sul luogo, tra gli adunchi archi che racchiudevano quella piattaforma.
La Erinni spiegò che per accenderlo dovevano consumare un'anima, e a malincuore usarono una delle monete.
Funzionò.
Per fortuna il portale era ancora funzionante e integro dall'altro lato, sul piano materiale.
Sotto gli occhi severi della erinni, sparirono, e dopo quella sgradevole sensazione di nausea e mancanza di peso, cadendo tra fiamme che non bruciavano, ruzzolarono fuori, nella cantina.

Una lancia per poco non colpì William. Il luogo era presidiato da una massiccia unità del Pugno Fiammante e da alcuni maghi della Torre Arcana.
Li avevano scambiati per diavoli, ma poi videro le divise logore di Sum e Ainwen.
Stavano facendo la guardia al portale ed erano quasi pronti a distruggerlo, c'era mancato poco che dovessero trovare un altro modo per tornare.
L'inquisitore Green li raggiunse, e anche se li redarguì per le loro azioni fatte senza interpellarlo, il suo sguardo tradiva sollievo.
Ce l'avevano fatta.
Zed era sconfitto, e anche se non era stato possibile salvare il destino di tutte le sue vittime, ne avrebbero potute liberare un bel po'.
Quando non vincere il bene, bisogna accontentarsi del male minore.

E fu così che la vita a Baldur's Gate tornò a scorrere come al solito.
Ma c'erano patti da onorare.
E un grasso Imp la cui ambizione covava sotto la cenere.
Ma questa è un'altra storia...

Fine

giovedì 17 aprile 2025

LA NOTTE DEI 1000 SUICIDI (6)

Patti chiari, accordi oscuri.

"La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni." (Drasyad L'Erinni)

Una battaglia è un'esperienza traumatica, come terribile è la guerra stessa.
Ma se c'era un effetto positivo nella carneficina a cui erano appena sopravvissuti, era l'adrenalina.
La tensione del lottare per sopravvivere.
L'adrenalina aveva fatto si che dimenticassero dov'erano.
Che ignorassero l'opprimente cappa di malvagità e disperazione di cui era intrisa quell'aria polverosa, quel cielo rossastro senza sole, quella mancanza di un orizzonte e quel senso di smarrimento.
Quell'effetto stava però scemando mentre entravano nelle spesse e austere mura del Cancello di Khurm, nel corpo di guardia, seguiti da Drasyad.

La capitana dei diavoli li fissava con uno strano sogghigno, come a pregustare una preda.
Aveva promesso che li avrebbe fatti passare, ma in effetti non aveva specificato se interi o mutilati, se vivi o morti, e quando si stringe un patto con un diavolo ogni sfumatura di linguaggio e ogni parola può avere un peso.
Drasyad li interrogò sul motivo per cui erano li, ma più che il motivo vero e proprio, appariva incuriosita dai sentimenti e dai meccanismi mentali che li avevano spinti ad attraversare quel portale e ad affrontare una realtà tanto aliena e pericolosa per loro, qualunque valore avesse la motivazione per farlo.
Troppo diversa la loro natura perché lei potesse davvero capire certe motivazioni, anche se alla fine convenne che era stata solo incoscienza, e stupidità.
Non certo coraggio.

Fu però incuriosita dai loschi intrighi svelati su Zed, fatti a insaputa di creature più potenti e pericolose di lei o di lui.
Colse l'occasione di stipulare un nuovo accordo, offrendo almeno tre alternative: li avrebbe fatti passare e proseguire la loro caccia a Zed, senza aiuti e senza interferire.
Oppure
Li avrebbe aiutati contattando Kurgimutrax, il paeliryon a capo di Zed o perfino la stessa Munnrghantos, la diavolessa raggirata dell'altro cerchio degli inferi: Minauros, il regno di Mammon da cui Zed aveva ottenuto tutto quell'oro.
In cambio a lei interessava solo una cosa: rimpolpare le fila dei diavoli a difesa delle Mura.
Voleva i Pugni Fiammanti, le loro anime. Almeno un centinaio di soldati le cui anime, in qualche modo, avrebbero dovuto esser a lei assicurate dalla complicità di Sum e Ainwen.
Oppure ancora, voleva tutte le monete dell'anima racimolate da Zed, per ricreare nuovi diavoli per lo stesso motivo. Anime che invece Sum e Ainwen avrebbero voluto salvare e liberare da quel giogo.

Procedere senza alcun aiuto era un rischio.
Ma sacrificare migliaia di anime era intollerabile.
O anche solo qualche centinaio dei loro commilitoni.
Se si aveva ancora un minimo di coscienza.

Non c'era una sola alternativa sana in quelle proposte, non c'era la via giusta, solo il male minore, ma dopotutto stavano trattando con una potente e autoritaria Erinni.

Piotr
la prese da parte, con la scusa di lasciare gli altri tre a discutere di una controproposta, per fare in realtà una proposta lui: avrebbe offerto le anime della peggior feccia della Gilda. Tutti i peggiori e sgraditi tagliagole, i più ingestibili e sacrificabili.
I suoi compagni però non avrebbero dovuto sapere.

Nel frattempo, nella soffocante stanza dentro le mura, William propose di offrire i loro servigi a Drasyad per cacciare qualche potente demone sul piano materiale. 
Una volta rientrata la diavolessa, provarono con la sua proposta, ma parve poco interessata.
Giocarono allora una carta sgradita ma necessaria: offrirono di tramare in qualche modo per assicurarle le anime di quanti più condannati o detenuti nelle prigioni di Baldur's Gate.
Feccia comunque destinata alla morte.
Nonostante la Erinni preferisse anime di soldati, per la loro disciplina, alla fine accettò quella proposta. Assicurandosi almeno una cinquantina di anime che sarebbero rinate diavoli combattenti per lei.
Loro non sapevano che in realtà se n'era assicurata così almeno un centinaio, contando anche quelle di Piotr.
Un infido Imp comparve e fece siglare col sangue di Sum una pergamena coi termini del patto.

Erano stremati.
Dalla battaglia.
Da quell'orribile posto.
E da quelle trattative basate sul futuro di altre persone.
Stavano diventando orribili proprio come le creature dell'Avernus?
Avevano bisogno assoluto di riposare e recuperare energie, e curarsi.
Drasyad permise loro di riposare in pace, al sicuro di quelle enormi mura.

Per quanto trasudasse malvagità e fosse spaventosa, era anche terribilmente bella e statuaria, e William tuttavia, rischiando la vita, cercò di nuovo di fare il galante con lei.
Inaspettatamente, con un sorriso sinistro, la diavolessa non lo uccise ma lo mise di fronte ad un altra scelta: dar prova di se, rinunciando a quel necessario riposo, o metter da parte quei pensieri lussuriosi e pensare al gruppo.
William non pensò al gruppo.
Nessuno saprà mai che razza di notte peccaminosa passò quell'uomo, ma quando al mattino, se di mattino si può parlare in quel luogo dal cielo perennemente spento e rossastro, William si ripresentò da i compagni, era stremato, affaticato e coperto di sangue incrostato e scuro.
Si rendeva conto che sarebbe stato un peso, un inutile fardello in quelle pietose condizioni, eppure non rinnegava quell'esperienza che pochi altri menestrelli e bardi avrebbero potuto mai descrivere.
I compagni lo squadrarono con aria torva, ma senza emetter giudizio. Quel che pensavano lo tennero per loro, e c'erano altri problemi. L'immonda ferita di Ainwen pareva non guaribile, e l'aveva lasciata con meno energie del previsto.

Per fortuna di William, furono dati loro due Incubi, bizzosi destrieri infernali neri e dalle criniere e zoccoli infuocati, che li avrebbero condotti verso il covo di Zed più velocemente.
Durante il tragitto, cullava la sua ascia assorto nei suoi pensieri.
Quell'arma diabolica era in qualche modo entrata in simbiosi con lui, tanto da fornirgli strani nuovi poteri di cui forse non si rendeva neppure del tutto conto vista la stanchezza.
I compagni di tanto in tanto lo guardavano con sospetto.
I suoi occhi a volte si facevano rossi, ma forse era solo un trucchetto magico e stava recitando?

Giunti ad un crocevia i destrieri infernali si fermarono.
Da li in poi dovevano procedere a piedi e Grunzak spiegò loro che c'erano due strade possibili, che portavano entrambe alla Fortezza Infranta, la dimora di Zed.
Una via si diramava verso una depressione di rocce grigie solcate da rivoli di lava, mentre l'altra costeggiava una montagna rocciosa e brulla.
A loro la scelta.
Scelsero la via alta.

Si trovarono presto sferzati da venti polverosi e fastidiosi, che di tanto in tanto ululavano tra le rocce con strani suoni. Aiwen e Sum iniziarono a convincersi che quei suoni erano lamenti, tanto da provare strazianti e destabilizzanti fitte alla testa.
Svoltarono dietro una gola rocciosa oltre la quale la stretta traccia finalmente iniziava a scendere quando un grosso Vrock, un demone volante simile ad un corvo, passò sopra di loro planando e atterrando poco distante.
Era ferito e affamato.
Ma era comunque un demone letale.
L'Ascia di William, nata per quel lavoro, voleva squartarlo.
Per fortuna Piotr lo agguantò in tempo tirandolo a se, al coperto, prima che si facesse vedere e attaccasse il demone.

Attesero a lungo, per vedere cosa accadeva.
Poi il Vrock planò in basso, fuori dalla loro visuale.
Iniziarono allora la traversata di quello stretto e insidioso passo, proprio quando ad un certo punto il demone risalì dal crepaccio in cui si era tuffato.
In tre avevano raggiunto l'altro lato della gola e accelerando si tuffarono oltre, per nascondersi, ma William, rallentato e troppo stanco, era ancora a metà strada, esposto.
Cercò di nascondersi tra le rocce come meglio poteva.
Il Vrock risalì appollaiandosi con delle strane ossa nel becco, che prese a spolpare.
Per un attimo si voltò verso il nascondiglio, facendo sussultare il bardo, ma poi riprese a dedicarsi al suo spuntino.
William riuscì a raggiungere i compagni e lasciandosi il pericolo alle spalle, ridiscesero per il sentiero con molta cautela.

Quanto tempo era passato?
Difficile dirlo, difficile perfino immaginare il concetto di tempo e distanza in un simile luogo che ingannava ogni senso.
Giunsero fino ad una nuova collina rocciosa che si stagliava contro il vago bagliore del cielo innaturale.
Una sagoma tagliente e frastagliata si delineava tra quelle rocce spoglie: una fortezza in rovina.
Antiche vestigia di quella che una volta doveva essere una imponente fortificazione, ora ridotte a fantasmi diroccati di mura basse e dalla forma irregolare.
La Fortezza Infranta.
Zed e il suo bottino si nascondevano la sotto?

martedì 1 aprile 2025

LA NOTTE DEI 1000 SUICIDI (5)

La Battaglia del Cancello di Khurm

"il Paradiso lo preferisco per il clima, l’Inferno per la compagnia." (William Greataxe - bardo e attore)

Un orrendo umanoide con una barba tentacolare e spinosa li attendeva con una lunga picca dalla lama frastagliata, spalleggiato da un diavolo spinoso che svolazzava sull'abisso che si apriva al centro della grotta circolare in cui erano scesi.

Ovunque fosse fuggito Zed, li non c'era, e quei diavoli erano propensi a coprirne la fuga.
Aspre parole in lingua infernale, che non compresero, diedero il via allo scontro.
Alle loro spalle comparve a sorpresa un altro diavolo spinoso che bersagliò Piotr alle spalle.
Quegli aculei causavano brucianti danni da fuoco, e lui si rese amaramente conto che quella strana arma di cui si era impossessato lo rendeva ancora più vulnerabile a quell'elemento.
Sum fronteggiò il diavolo barbuto, in una lotta sul ciglio di quel nero abisso circolare, e il diavolo cercò con astute mosse di gettarcelo dentro.
Aiwen cercava di aiutare ma c'era poco spazio lungo quel camminamento sul vuoto, mentre William tornò a ritroso per aiutare Piotr.
Il bardo, nonostante non fosse portato ad usare un'arma così pesante, brandiva la misteriosa Ascia Spezzademoni che avevano recuperato di sopra.

Riuscirono infine a eliminare ogni difesa, e mentre riprendevano fiato, cercavano di capire il senso di quella stanza.
Sembrava un portale, ma era spento.
Di sicuro la soluzione non era buttarsi nel vuoto, anche se l'infida Ascia stava mentalmente suggerendo a William di buttar giù Ainwen, incautamente un po' troppo vicina al ciglio.
Poi notarono che la statua dalle orribili fattezze che sovrastava il portale aveva alla sua base delle piastre con incise delle lettere nella nera lingua infernale, e grazie al cifrario recuperato nello studio del mago cominciarono a decifrarle.

Le cinque lettere parevano corrispondere nella lingua comune ad una A, una O, una B, una R e una T.
Le placche di pietra su cui erano incise erano a pressione, potevano essere il sistema di attivazione del portale, ma in che ordine premerle?

Discussero a lungo, ipotizzano diverse soluzioni, poi proprio quando Sum stava per tentare di comporre titubante la parola TORBA, fu fermato in extremis con una nuova ipotesi.
E se la parola fosse BAATOR, il nome con cui i diavoli stessi chiamavano quel che per gli umani erano i Nove Inferi?
Cautamente, tentarono componendo quella parola.
Ad ogni pressione, le rune si illuminavano di una strana magia.
E il portale si attivò, un fuoco alieno e rossastro illuminò l'intero cerchio e quell'abisso sotto di loro.
Era un passo troppo rischioso?
Era meglio aspettare i rinforzi chiesti magicamente da William?
Non ci fu tempo di rifletterci troppo perché fu proprio William con uno spintone a buttar giù i compagni, pronunciando per sicurezza un incantesimo per attutire l'atterraggio.

Non finirono in quel baratro senza fondo.
Ma in qualche modo si sentirono comunque cadere, e attraversare una foschia rossastra disorientante e densa per poi ruzzolare su un portale in pietra in mezzo ad una penisola frastagliata circondata da magma e vapori mefitici.
Sopra di loro un ponte dall'architettura squadrata e spigolosa, spezzato da qualche cataclisma.
Il cielo era rosso, non c'erano riferimenti per orientarsi.
Atterriti, capirono di trovarsi in Avernus, il primo dei Nove Cerchi.
Grunzak, l'Imp grottescamente grasso che si erano portati dietro, colse l'occasione per trattare la sua liberazione, proponendo un patto di collaborazione per far loro da guida in cambio del ritorno sul Piano Materiale e una fornitura di dolciumi, che di certo in quel posto mancavano.
Fu proprio l'Imp svolazzando con gran fatica a portare il capo di una corda in cima al ponte e assicurarla in qualche modo.
Presero a risalire uno alla volta lungo la corda quando alle loro spalle, da una strana struttura con al centro un pozzo, iniziarono ad emergere delle creature deformi.
Non diavoli bensì demoni.
Videro gli umani e bramosi iniziarono a puntarli. 
Sum, diede corpo ad ogni energia di braccia e gambe appeso a quella corda su cui strisciava in salita, appeso a schiena in giù sul magma il cui calore si faceva sempre più opprimente e soffocante.
Il primo dei mane a raggiungere la roccia su cui si trovavano prima rosicchiò perfidamente la corda, e per fortuna Sum ormai era quasi in cima.
Il tenente del Pugno si schiantò sul bordo del ponte e fu issato dai compagni.
Mentre Grunzak li incitava a filarsela, videro in lontananza altri demoni, di varie forme e dimensioni, emergere da quel condotto.
Oltre a essere creature dalle capacità e dalla pericolosità a loro ignota, erano soprattutto troppi per esser affrontati, e nonostante la Spezzademoni bramasse il loro sangue, corsero via lasciandosi quel ponte in rovina alle spalle.

Fuggirono sentendosi braccati lungo una pista polverosa tra rocce scure e taglienti come rasoi, spezzate e inclinate in un ambiente dall'aria innaturale.
L'Imp disse che più avanti avrebbero incontrato le Mura dell'Afflizione e, dietro cui trovar riparo. 
Il problema era però che erano ferocemente presidiate da orde di Diavoli.

Si trovavano tra due fuochi.

Un Chasme, un tremendo demone dalle fattezze di un colossale moscone dalla faccia vagamente umana, li sorvolò superandoli, in avanscoperta.
Poi tornando indietro ronzò su di loro, e quell'orrendo ronzìo generava atterrimento e confusione, tanto che Sum cadde inconscio.
Il demone propose un patto: avrebbero risparmiato le loro vite se si fossero infiltrati nelle mura e aperto il cancello, aiutandoli nell'assedio.
Aiwen rispose seccamente che mai si sarebbe alleata con dei Demoni.
Grunzak suggerì di provare a trattare con Drasyad, la Erinni a difesa del Cancello di Khurm.
Forse fornendo informazioni sull'assalto in arrivo e aiutando nella difesa, la diavolessa sarebbe stata propensa a risparmiarli e farli poi passare.

Giunti ai piedi del Cancello di Khurm, che si apriva su quelle enormi mura che dividevano la brulla e ondulata pianura infernale, dopo lunghi attimi di tensione, riuscirono a farsi aprire i cigolanti e pesantissimi portoni.
A riceverli, l'imponente Drasyad in persona. 
I suoi occhi erano braci di pura malvagità, e la lunga chioma era nera come le sue stesse ali, a contrasto con la sua pelle pallida, in una parodia maligna e terribile di un angelo.
Nella sua mano destra una spada spessa, sfaccettata, di un metallo rossastro che certamente richiedeva una forza disumana per esser brandita e che prometteva morte a buon mercato.

Nonostante tali premesse, era un Diavolo, ma diavolo se era bella!
William non riuscì a restare immune al fascino oscuro delle fattezze femminili del corpo di quella Erinni, ma in maniera molto pragmatica e autoritaria lei li scortò nei robusti bastioni, in uno stanzino disadorno se non per un lungo tavolone dove li fece accomodare.
Lei rimase in piedi, per incombere su di loro, e ascoltare quel che avevano da dire sull'arrivo dell'Orda.
Era chiaro che ormai erano in ballo, e dovevano ballare.
Era la danza della guerra, l'eterna guerra che mai aveva fine in quel mondo, lo scontro sanguinoso tra demoni e diavoli, tra caos e ordine.

Risalirono una stretta scaletta a chiocciola che sbucava sulle mura, e presero posto insieme a quell'esercito ordinato e disciplinato, formato in gran parte da Merregon nelle loro armature dall'elmo grottesco, ma anche da Diavoli Barbuti e Diavoli Spinosi, questi ultimi unica risorsa aerea e di collegamento tra le varie unità disposte per tutta la lunghezza delle Mura.
Si alzò un vento caldo, che creò turbini di sabbie rosse e polveri che annebbiavano l'orizzonte, rendendo il tutto quasi uguale al cielo.

Se fosse stata una linea difensiva di soldati umani, la tensione sarebbe stata palpabile e insopportabile, ma quelle creature, se anche provavano qualcosa, non lasciavano trasparire nulla, e questo rese ancora più straniante l'effetto per quei poveri visitatori viventi, perfino rassicurante per quanto assurdo.

E dopo una breve attesa che loro però nei loro cuori sembrò un'eternità, tra quella polvere, ecco scorgersi sagome scure, dalle forme gobbe e claudicanti.
Un'orda di mane, mandati avanti come carne da cannone.

Nessuno ancora si mosse.

Poi arrivarono i Drecth, rapidi, scimmieschi e agili e a seguire altri orrori di cui persino ignoravano l'esistenza e i nomi.
Gli assalitori si divisero, per assalire i lati nord e sud del Cancello.
I difensori restarono freddi e disciplinati, non rompendo la disposizione e rispettando ognuno la sua zona di difesa.
Solo i diavoli spinosi presero a svolazzare in giro bersagliando dall'alto i demoni coi loro aculei.
La terrà tremo sotto pesanti passi, e dal nulla, due enormi figure fino a prima invisibili, gettarono sgomento tra chi presidiava il Cancello.
Erano Barlgura, demoni simili a giganteschi gorilla, che stavano caricando dritti dritti verso i portoni per sfondarli.
Drasyad diede un secco ordine di puntare a loro, e una pioggia di dardi, aculei a frecce si riversò su quei colossi, che però parvero resistere e incuranti procedere nella carica.
Anche le precise e quasi infallibili frecce di Drasyad, velenose al punto da uccidere un uomo comune in un colpo solo, erano inefficaci con la natura e il metabolismo di quei demoni, come ogni altro veleno.
Piotr però aveva speciali quadrelli magici per la sua balestra e ne fece barcollare uno con un colpo che quasi infastidì l'orgoglio della comandante Erinni.
Poi Ainwen, presa dall'adrenalina della battaglia, fece un gesto sconsiderato: si gettò dalle mura sovrastanti il Cancello direttamente sulla schiena dello scimmione più vicino.
Fu per miracolo che riuscì a restare afferrata a quella puzzolente pelliccia rossastra e non venire sbalzata, e dopo un attimo di assestamento prese a martellare la schiena e il collo del demone con lo spadone.
Drasyad planò in suo aiuto, spada in pugno e una catena nell'altra mano.
Mulinò la catena magica per colpire l'altro Barlgura e avvolgergliela attorno, arrestando la sua carica.
Poi sfrecciò via verso la zona a sud, per dar manforte contro uno dei Chasme giunto in volo.
I nostri poveri quattro umani restarono così soli a difendere la sezione centrale, mentre decine di dretch venivano trucidati e gettati dalle mura a nord.
Il Barlgura, stremato ma cocciuto, aveva afferrato Ainwen e stava per usarla come ariete schiacciandola tra lui e i Portoni, ma un quadrello di Piotr lo centrò nell'occhio, spegnendo il residuo di vita rimasta.
Il colosso crollò a pochi metri dalla meta, e la ragazza riuscì a rotolare di lato ma ora si trovava sotto le mura, in pieno assedio, e tagliata fuori da tutti i suoi compagni.

Un temibile Tanarukk balzò agile sulle mura ferendo Piotr, mentre William e Sum, mezzi storditi dall'alone puzzolente dei Dretch, stavano ora affrontando dei demoni dalle sembianze di gigantesche fauci con le gambe, che avevano scavato la via dal basso sotto di loro.
Il bardo ancora una volta brandiva goffamente la Spezzademoni, che finalmente trovò pane per la sua lama, riempendolo di bramosia.
Quegli abomini vomitarono acido su di loro, mentre Piotr era in difficoltà con quel Tanarukk, ma fu spalleggiato da un Merregon e poi da William che si era liberato del demone vomitatore.

A terra anche l'ultimo Barlgura era stato eliminato, ma Ainwen doveva ora fronteggiare un inquietante e disgustoso demone capra, un Bulezau, la cui sola presenza corruttiva era in grado di ferirla e piagarla.
La colpì anche con la coda appuntita, causando una orribile ferita purulenta che si infettò all'istante con orrende larve.
La donna non si perse d'animo e con rapidi fendenti di spadone lo fece a fette.

La cosa scoraggiante dei Demoni era che non si curavano delle perdite e non sembravano demoralizzarsi per la furia con cui venivano respinti.

L'unica via era distruggerli tutti.

Sopra il Cancello, finalmente William e Piotr uccisero il potente Tanarukk, mentre Drasyad, come un angelo della morte, planò per decapitarne un secondo esemplare ad una trentina di metri da loro.
Gli ultimi focolai d'attacco vennero via via soffocati, e tutto ciò che restava sulle mura e ai loro basamenti erano pozze verdognole di venefico icore demoniaco.

La battaglia era vinta.
Ma non per i coraggiosi ma incauti visitatori giunti da Baldur's Gate.
Dovevano sperare nel buon umore della Erinni.
E che la sua parola avesse un valore.