giovedì 17 aprile 2025

LA NOTTE DEI 1000 SUICIDI (6)

Patti chiari, accordi oscuri.

"La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni." (Drasyad L'Erinni)

Una battaglia è un'esperienza traumatica, come terribile è la guerra stessa.
Ma se c'era un effetto positivo nella carneficina a cui erano appena sopravvissuti, era l'adrenalina.
La tensione del lottare per sopravvivere.
L'adrenalina aveva fatto si che dimenticassero dov'erano.
Che ignorassero l'opprimente cappa di malvagità e disperazione di cui era intrisa quell'aria polverosa, quel cielo rossastro senza sole, quella mancanza di un orizzonte e quel senso di smarrimento.
Quell'effetto stava però scemando mentre entravano nelle spesse e austere mura del Cancello di Khurm, nel corpo di guardia, seguiti da Drasyad.

La capitana dei diavoli li fissava con uno strano sogghigno, come a pregustare una preda.
Aveva promesso che li avrebbe fatti passare, ma in effetti non aveva specificato se interi o mutilati, se vivi o morti, e quando si stringe un patto con un diavolo ogni sfumatura di linguaggio e ogni parola può avere un peso.
Drasyad li interrogò sul motivo per cui erano li, ma più che il motivo vero e proprio, appariva incuriosita dai sentimenti e dai meccanismi mentali che li avevano spinti ad attraversare quel portale e ad affrontare una realtà tanto aliena e pericolosa per loro, qualunque valore avesse la motivazione per farlo.
Troppo diversa la loro natura perché lei potesse davvero capire certe motivazioni, anche se alla fine convenne che era stata solo incoscienza, e stupidità.
Non certo coraggio.

Fu però incuriosita dai loschi intrighi svelati su Zed, fatti a insaputa di creature più potenti e pericolose di lei o di lui.
Colse l'occasione di stipulare un nuovo accordo, offrendo almeno tre alternative: li avrebbe fatti passare e proseguire la loro caccia a Zed, senza aiuti e senza interferire.
Oppure
Li avrebbe aiutati contattando Kurgimutrax, il paeliryon a capo di Zed o perfino la stessa Munnrghantos, la diavolessa raggirata dell'altro cerchio degli inferi: Minauros, il regno di Mammon da cui Zed aveva ottenuto tutto quell'oro.
In cambio a lei interessava solo una cosa: rimpolpare le fila dei diavoli a difesa delle Mura.
Voleva i Pugni Fiammanti, le loro anime. Almeno un centinaio di soldati le cui anime, in qualche modo, avrebbero dovuto esser a lei assicurate dalla complicità di Sum e Ainwen.
Oppure ancora, voleva tutte le monete dell'anima racimolate da Zed, per ricreare nuovi diavoli per lo stesso motivo. Anime che invece Sum e Ainwen avrebbero voluto salvare e liberare da quel giogo.

Procedere senza alcun aiuto era un rischio.
Ma sacrificare migliaia di anime era intollerabile.
O anche solo qualche centinaio dei loro commilitoni.
Se si aveva ancora un minimo di coscienza.

Non c'era una sola alternativa sana in quelle proposte, non c'era la via giusta, solo il male minore, ma dopotutto stavano trattando con una potente e autoritaria Erinni.

Piotr
la prese da parte, con la scusa di lasciare gli altri tre a discutere di una controproposta, per fare in realtà una proposta lui: avrebbe offerto le anime della peggior feccia della Gilda. Tutti i peggiori e sgraditi tagliagole, i più ingestibili e sacrificabili.
I suoi compagni però non avrebbero dovuto sapere.

Nel frattempo, nella soffocante stanza dentro le mura, William propose di offrire i loro servigi a Drasyad per cacciare qualche potente demone sul piano materiale. 
Una volta rientrata la diavolessa, provarono con la sua proposta, ma parve poco interessata.
Giocarono allora una carta sgradita ma necessaria: offrirono di tramare in qualche modo per assicurarle le anime di quanti più condannati o detenuti nelle prigioni di Baldur's Gate.
Feccia comunque destinata alla morte.
Nonostante la Erinni preferisse anime di soldati, per la loro disciplina, alla fine accettò quella proposta. Assicurandosi almeno una cinquantina di anime che sarebbero rinate diavoli combattenti per lei.
Loro non sapevano che in realtà se n'era assicurata così almeno un centinaio, contando anche quelle di Piotr.
Un infido Imp comparve e fece siglare col sangue di Sum una pergamena coi termini del patto.

Erano stremati.
Dalla battaglia.
Da quell'orribile posto.
E da quelle trattative basate sul futuro di altre persone.
Stavano diventando orribili proprio come le creature dell'Avernus?
Avevano bisogno assoluto di riposare e recuperare energie, e curarsi.
Drasyad permise loro di riposare in pace, al sicuro di quelle enormi mura.

Per quanto trasudasse malvagità e fosse spaventosa, era anche terribilmente bella e statuaria, e William tuttavia, rischiando la vita, cercò di nuovo di fare il galante con lei.
Inaspettatamente, con un sorriso sinistro, la diavolessa non lo uccise ma lo mise di fronte ad un altra scelta: dar prova di se, rinunciando a quel necessario riposo, o metter da parte quei pensieri lussuriosi e pensare al gruppo.
William non pensò al gruppo.
Nessuno saprà mai che razza di notte peccaminosa passò quell'uomo, ma quando al mattino, se di mattino si può parlare in quel luogo dal cielo perennemente spento e rossastro, William si ripresentò da i compagni, era stremato, affaticato e coperto di sangue incrostato e scuro.
Si rendeva conto che sarebbe stato un peso, un inutile fardello in quelle pietose condizioni, eppure non rinnegava quell'esperienza che pochi altri menestrelli e bardi avrebbero potuto mai descrivere.
I compagni lo squadrarono con aria torva, ma senza emetter giudizio. Quel che pensavano lo tennero per loro, e c'erano altri problemi. L'immonda ferita di Ainwen pareva non guaribile, e l'aveva lasciata con meno energie del previsto.

Per fortuna di William, furono dati loro due Incubi, bizzosi destrieri infernali neri e dalle criniere e zoccoli infuocati, che li avrebbero condotti verso il covo di Zed più velocemente.
Durante il tragitto, cullava la sua ascia assorto nei suoi pensieri.
Quell'arma diabolica era in qualche modo entrata in simbiosi con lui, tanto da fornirgli strani nuovi poteri di cui forse non si rendeva neppure del tutto conto vista la stanchezza.
I compagni di tanto in tanto lo guardavano con sospetto.
I suoi occhi a volte si facevano rossi, ma forse era solo un trucchetto magico e stava recitando?

Giunti ad un crocevia i destrieri infernali si fermarono.
Da li in poi dovevano procedere a piedi e Grunzak spiegò loro che c'erano due strade possibili, che portavano entrambe alla Fortezza Infranta, la dimora di Zed.
Una via si diramava verso una depressione di rocce grigie solcate da rivoli di lava, mentre l'altra costeggiava una montagna rocciosa e brulla.
A loro la scelta.
Scelsero la via alta.

Si trovarono presto sferzati da venti polverosi e fastidiosi, che di tanto in tanto ululavano tra le rocce con strani suoni. Aiwen e Sum iniziarono a convincersi che quei suoni erano lamenti, tanto da provare strazianti e destabilizzanti fitte alla testa.
Svoltarono dietro una gola rocciosa oltre la quale la stretta traccia finalmente iniziava a scendere quando un grosso Vrock, un demone volante simile ad un corvo, passò sopra di loro planando e atterrando poco distante.
Era ferito e affamato.
Ma era comunque un demone letale.
L'Ascia di William, nata per quel lavoro, voleva squartarlo.
Per fortuna Piotr lo agguantò in tempo tirandolo a se, al coperto, prima che si facesse vedere e attaccasse il demone.

Attesero a lungo, per vedere cosa accadeva.
Poi il Vrock planò in basso, fuori dalla loro visuale.
Iniziarono allora la traversata di quello stretto e insidioso passo, proprio quando ad un certo punto il demone risalì dal crepaccio in cui si era tuffato.
In tre avevano raggiunto l'altro lato della gola e accelerando si tuffarono oltre, per nascondersi, ma William, rallentato e troppo stanco, era ancora a metà strada, esposto.
Cercò di nascondersi tra le rocce come meglio poteva.
Il Vrock risalì appollaiandosi con delle strane ossa nel becco, che prese a spolpare.
Per un attimo si voltò verso il nascondiglio, facendo sussultare il bardo, ma poi riprese a dedicarsi al suo spuntino.
William riuscì a raggiungere i compagni e lasciandosi il pericolo alle spalle, ridiscesero per il sentiero con molta cautela.

Quanto tempo era passato?
Difficile dirlo, difficile perfino immaginare il concetto di tempo e distanza in un simile luogo che ingannava ogni senso.
Giunsero fino ad una nuova collina rocciosa che si stagliava contro il vago bagliore del cielo innaturale.
Una sagoma tagliente e frastagliata si delineava tra quelle rocce spoglie: una fortezza in rovina.
Antiche vestigia di quella che una volta doveva essere una imponente fortificazione, ora ridotte a fantasmi diroccati di mura basse e dalla forma irregolare.
La Fortezza Infranta.
Zed e il suo bottino si nascondevano la sotto?

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