Birel guidò il gruppo lungo la Strada Alta che da
Neverwinter sale a Luskan e giunse alla deviazione per il villaggio di
Lonedale. Non trovarono nessuna traccia sospetta di possibili carovane razziate
da banditi o attacchi di qualche banda di orchi o goblin.
Anche verso Lonedale non notarono nessun indizio
sull’eventuale sorte della spedizione commerciale.
Giunsero così a tarda sera a Lonedale.
Si trattava di uno dei classici villaggi non protetti da
mura, ma da una solida palizzata di aguzzi tronchi di abete delle foreste di
Neverwinter. Due torrette di guardia,
anch’esse in legno e dotate di piattaforma per le guardie (assenti in quel
momento) sovrastavano la cancellata di legno della porta cittadina.
Era il classico villaggio di confine, fatto di facce dure, ignoranti
ma schiette, e di vite semplici e di sacrificio, ma anche tranquille e felici…o
almeno sembrava, perché un osservatore più attento avrebbe notato un’aria di
decadente depressione, di sospetto o forse rassegnazione, e una cupezza d’animo
malcelata.
La via maestra in terra battuta conduceva dritta alla piazza
centrale di Lonedale, dove si trovava anche l’unica locanda del luogo, il Cervo
Ubriaco, un fabbro, un fornaio, una grossa falegnameria di fronte alla locanda,
una rozza costruzione in legno che fungeva da sede per la milizia cittadina e
ufficio del Borgomastro.
Era tempo di rifocillarsi e pernottare, e iniziare a fare le
prime domande in giro, e la prima tappa non poteva che essere il Cervo Ubriaco,
dove li accolse un affabile e ruffiano oste, tale Ezekiel Evans, i cui pochi e
radi capelli biondicci, tenuti inutilmente lunghi, contrastavano con i folti e
rigogliosi baffoni, non tanto rigogliosi quanto la sua immensa pancia però.
Inizialmente evitarono domande dirette per non scoprire i
veri scopi della loro missione, e si fecero indirizzare alla gilda dei carbonai,
fingendo di voler concludere degli affari. Era li che Agar avrebbe dovuto
scambiare il sale con del carbone locale, e ripartire per Neverwinter col suo
carro.
GattoRosso nel frattempo, notando parecchio trambusto ad un
tavolo, trovò anche modo di vincere qualche moneta d’oro giocando a dadi, e
rischiando anche d’esser beccato a barare. Sauron, fiutando il talento del suo
amico, scommise tanto quanto l’halfling.
Le indagini dai carbonai portarono a poco, ma lentamente
emergeva un muro di menzogne, omertà e mezze verità che non facevano combaciare
una dichiarazione con l’altra circa il destino del carro Tripwine.
Il carro era giunto, e il sale era stato barattato col
carbone ma da li in poi nessuno sapeva dire cos’era stato di Agar e la sua
scorta, composta da due guardie. Una donna dall’aria sconfitta cerco di
raccontare loro che anche suo figlio era scomparso.. e non era il solo, ma
subito giunse il Borgomastro, tale Gus Heterton, a minimizzare i vaneggiamenti
della contadina.
Anche un'altra figura pittoresca fece la sua comparsa in
questa storia: un vecchio pazzoide incappucciato, dalla lunga barba malandata,
che farfugliava ammonimenti e terribili presagi ai nostri eroi.
Era Gàston, il pazzo del villaggio, che raccontava storie
sugli spettrali 7 Sacerdoti Neri e i loro misfatti.
Per alcuni era solo un povero mentecatto esaltato e
millantatore dalla fervida fantasia, per altri da giovane era stato davvero un
famoso cacciatore di demoni, colui che aveva sconfitto il terribile demone
Temaxitoual grazie alla sua spada magica, ma nel farlo, a causa delle terribili
prove patite, aveva perso il senno.
Fatto sta però che la storiella dei 7 Sacerdoti Neri non era
completamente sconosciuta agli abitanti e per quanto taciuta e solo
bisbigliata, e soprattutto sempre diversa a seconda della fantasia di chi la
raccontava o man mano che passava di bocca in bocca, sembrava far parte del
folklore locale.
Ma tornando ai nostri, beh, forse fecero qualche domanda di
troppo… o forse cominciavano a insistere in maniera sconveniente in
quell’indagine, tanto che finirono dritti nei guai senza neppure accorgersene.
Si svegliarono infatti in una spoglia stanza sotterranea,
un’umida cella di fortuna ricavata sotto la Locanda, senza neppure capire come
ci erano finiti, senza il loro equipaggiamento, e senza neppure una moneta!
Gli ultimi ricordi
erano di un lauto pranzo offerto dal subdolo Ezekiel.
Dovevano trovare un modo di uscire a farla pagare al marrano
avvelenatore, e per fortuna non erano nelle solide prigioni di Baldur’g Gate..
o in una segreta di Zentil Keep, ma alle prese con dilettanti paesani… perché
grazie ad un trucchetto magico di Sauron le chiavi della cella finirono dritte
nelle loro mani, e dopo aver stordito e messo in cella una guardia, si
apprestarono a fuggire.
Almeno due uomini però stavano giungendo nella loro
direzione e dopo essersi nascosti tra le botti nella cantina, ne fecero fuori
uno con un preciso attacco furtivo del GattoRosso, mentre l’altro si arrese e
fu interrogato.
I due miliziani erano scesi per sedarli legarli e condurli
in un posto nel bosco, e il prigioniero fu così costretto sotto minaccia a
trovare un modo di farli uscire indenni dal perimetro cittadino e mostrare loro
il luogo dove avrebbe dovuto abbandonarli.
Era buio. Probabilmente il cancello cittadino era ormai
stato chiuso per la notte.
Il miliziano li condusse da un’uscita secondaria della
Locanda verso un’alta cascina di legno che fungeva da rimessa e magazzino, per
prendere un piccolo carretto pieno di fieno dove nascondere tre dei quattro
avventurieri. GattoRosso invece, cammuffato in modo da sembrare un paffuto
ragazzetto di campagna, sedeva a fianco al tizio, pungolandolo con un pugnale
nel caso avesse provato a giocarle loro qualche brutto scherzo.
Prima di lasciare la rimessa notarono un indizio
fondamentale e inquietante: su un carro, anche se era stata mezza cancellata,
si riusciva ancora a leggere una scritta:
TRIPWINE
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