“Sto riportando questo
teppista di mio nipote Mick alla sua fattoria, fuori Lonedale… è venuto a
bighellonare in paese e non si è accorto che era l’ora della chiusura… intanto
le porto un po’ di fieno in avanzo.”
La scusa funzionò e il carro lascio Lonedale senza
sospetti…poi prese un sentiero verso il bosco, e giunto dove il lavoro dei
boscaioli non era ancora arrivato e la vegetazione era più fitta, scesero e
proseguirono tutti a piedi fino a quando il buio della foresta lasciò spazio di
nuovo alla luce lunare in un’ampia radura vagamente circolare, completamente
priva di alberi.
Al loro posto, storte e antiche pietre, alcune ancora erette,
altre ormai abbattute o sbriciolate, disegnavano (o l’avevano fatto) un qualche
circolo rituale di chissà quale culto antico o druidico
“Vi avremmo lasciati
qui. Non ho idea poi di cosa vi sarebbe accaduto…gli ordini erano di andarsene
subito, e anche ora me ne andrei volentieri..vi ho aiutati… ora fatemi
allontanare da questo postaccio…”
Come da accordi, lo lasciarono andare, ma Sauron, non si sa
per quale capriccio o sghiribizzo mentale, lasciò partire un singolo quadrello
di balestra, in maniera quasi casuale o per gioco…e come sempre quando il caso
ci mette lo zampino, il suo colpo si rivelo di una precisione assoluta… la
punta piramidale e pesante del quadrello si conficcò esattamente nel cranio del
poveretto, un singolo colpo devastante e fatale che lo fece stramazzare al
suolo in un sol respiro.
E il respiro mancò anche ai quattro compagni quando subito
dopo, con sconcertante tempismo, una voce spettrale, profonda ma flebile, anticipò
le indignate e vibranti bestemmie naniche di Hilde per quel gesto vile.
“Quale spreco…
un’anima sprecata inutilmente in quel modo…. Quando serviva a noi…. Ma ora qui
ne abbiamo ben quattro..”
La voce era arrivata da una figura a malapena visibile nella
notte. Pur con fattezze umane, come un magro individuo avvolto in una veste
nera, e il cui cappuccio calato sul viso (se mai avesse un viso) creava una
finestra di nera tenebra impenetrabile, sembrava fluttuare impalpabile sul
terreno
Con il loro caratteristico raggelante silenzio, alcuni
non-morti emersero dal perimetro di vegetazione stringendosi verso il cerchio
di pietre.
Birel, dai sensi allenati, e il cui nemico giurato erano
proprio i non-morti, fu la prima a notarli. La figura che aveva “parlato”
restava invece in disparte, senza avvicinarsi.
Dispondendosi a quadrato, i quattro eroi si preparaono a
difendersi. Scheletri e zombi giungevano da ogni lato, circondandoli. Il
metallo cantò la sua canzone su ossa e carni di quei servitori inanimati ma le
forze venivano meno, e le ferite fiaccavano sensi e reazioni dei nostri prodi…
l’orrendo lamento del sacerdote spettrale li paralizzò quasi tutti, e altri
servitori non-morti si unirono alla battaglia man mano che qualcuno cadeva
sbriciolato.
La figura ammantata di nero sembrava poi immune a gran parte
dei loro attacchi…e oltre al fisico questo fiaccò il loro morale… tuttavia
continuarono testardamente a combattere. Quella scelta li stava portando dritti
alla sconfitta..e a chissà quale sorte. Sauron cadde… in fin di vita..e anche
Hilde si accasciò, mollando la presa sul suo possente martello con l’effige di
Moradin…cercare di trascinare i caduti in una disperata ritirata sembrava
inutile ma proprio in quel momento giunse scricchiolando e sbandando il
carretto del fieno.
Gli increduli due muli erano spronati da una figura curva e
barbuta con gli occhi stralunati che urlava i peggiori incitamenti: Gàston.
“SALITE, SCIOCCHI!”
La rocambolesca fuga , non si sa bene come, riuscì.
Non è dato sapere se a causa del lento incedere dei
non-morti , dell’abilità del carrettiere, della fortuna che dispettosa va e
viene dalla vita dell’uomo quando meno te l’aspetti, o della rinuncia della nera figura ammantata
a scendere in competizione con due muli.
Gàston li condusse nel suo tugurio, dove riuscirono a
rianimare i feriti gravi per poi crollare, stanchi morti (ma vivi) in un lungo
sonno ristoratore.
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