Due sole vittime non potevano saziare la sete di vendetta
della Draghessa, che per di più non aveva ancora trovato i suoi cuccioli, e
neppure poteva render tranquilli i nostri eroi sulla prosecuzione del loro
viaggio tranquilli fino alla Torre.
Proseguirono dunque nella pericolosa caccia, fino a
imbattersi su un altro sconsiderato essere umano accampato da solo come il
tizio di qualche giorno prima.
Potete ben immaginare la faccia dell’uomo quando vide
emergere dalla selva un nano peloso e sporco di sangue, una draconide e una
halfling che sembrava una bambina mendicante del Porto di Baldur’s Gate, proprio
mentre sulla sua testa un drago verde con soli 3 arti solcava il cielo.
Per fortuna Brogmar abbassò subito l’arma e gli fece cenno
di star tranquillo e posare l’arco, che non erano una minaccia.
L’uomo, incuriosito più che impaurito, li fece accomodare
attorno al suo focolare. Si chiamava Furgar ed era un cacciatore.
Disse di
conoscere bene la zona e cosa ben più importante disse di sapere dove potevano
forse essersi accampati dei giganti, e fu anche ben lieto di accompagnarli e
fare da guida.
Strana gente si trova al nord.
L’umano li guidò tra gli alberi, con passo leggero ed
esperto, guadarono freddi ruscelli congelati nei punti migliori, e procedettero
al riparo da altri pericoli fino a giungere al limitare di una radura dove la
vegetazione si interrompeva improvvisamente e numerosi alberi erano stati
sdradicati.
Nella conca più in basso, una rozza palizzata fatta con quegli
stessi alberi era stata eretta a riparo da un accampamento le cui dimensioni
lasciavano ben pochi dubbi su chi potesse abitarlo.
Furgar si arrampicò su un abete rosso per scrutare dall’alto
la situazione e disse di aver contato almeno 8 giganti.
Non era certo una
impresa facile affrontarli, ed elaborarono così un piano: l’uomo e Verola si sarebbero infiltrati all’interno
ad avvelenare le scorte di cibo, e una volta che si fossero manifestati gli
effetti, tutti insieme avrebbero attaccato l’accampamento.
Non fu facile placare la Draghessa Verde che fremeva per
assaggiare il sangue degli odiati nemici e per trovare i figli, ma alla fine
anche lei attese rispettando il piano.
Verso sera ecco i segnali che l’avvelenamento
aveva avuto successo, o almeno in parte.
Magie arcane e sortilegi di Verola attaccarono quelli ancora
in piedi, il drago avvolse la parte centrale dell’accampamento col suo venefico
soffio mentre con un gesto intrepido e quasi oltraggioso Fulgar riuscì a cavalcarlo
e attaccare con precisi e letali tiri del suo arco, Brogmar in preda all’ira e
all’estasi mistica della battaglia caricò il primo che si trovò a tiro.
Tra buio, nuvole di gas, sangue, urla e vomito degli
avvelenati, non si può dire che si trattò di una di quelle battaglie epiche e
cavalleresche di cui cantano certi bardi, ma fu piuttosto una mischia dettata
dall’odio e dall’adrenalina della sopravvivenza.
Uno dopo l’altro i giganti del gelo caddero. Non senza aver
causato terribili colpi e ferite nei nostri avventurieri. Perfino il drago era
allo stremo e prossimo a raggiungere il Piano del Fato o chissà che altro
dannato posto raggiungono i draghi quando muoiono…
Un lungo attimo di silenzio suggellò la fine del
combattimento. Seguito dalle oscene urla di esultanza di Brogmar.
La perquisizione dell’accampamento non rivelò cose
particolarmente utili e neppure un misero bottino, ma per la draghessa fu
ancora peggio, perché tra le cibarie dei giganti Verola e Furgar trovarono
resti dei suoi cuccioli.
Furente, la creatura accusò tutti di aver perso tempo, di
non essersi mossi in fretta e di aver atteso inutilmente fino a sera, poi in
preda al dolore riuscì nonostante le pessime condizioni ad alzarsi in volo e
scappò via. Chissà se quel rancore sarebbe diventato odio, e se un giorno l’avessero
incontrata di nuovo sarebbe stato da nemici….
Nessun commento:
Posta un commento