CAPITOLO 59 - LA SALUBRE ARIA DI MONTAGNA
"Favole e leggende non dicono ai bambini che i draghi esistono. Perché i bambini lo sanno già. Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti" (Jed Maddox il bardo)
In quei giorni avevano raccolto altre storie, leggende e informazioni sull'enorme creatura, e se qualcuna di esse poteva esser utile per affrontarla, altrettante se non di più erano invece utili per accrescere l'aura di timore e paura attorno al drago.
L'ultimo a incontrarli fu Maran Ventopungente, che li raggiunse alla porta nord di Gundbarg.
Era preoccupato che finissero col ferire e far infuriare il drago senza riuscire a ucciderlo, scatenando la sua furia e la sua vendetta sui villaggi o sulla stessa capitale.
Ormai però la sfida era lanciata...
Anche se avevano raccolto informazioni in città, alcuni consigli e l'esatta zona della tana non riuscivano proprio a ricordare chi gliel'avesse indicata... eppure lo sapevano.
Davvero uno strano fenomeno. I tentacoli di Vestress avevano fatto davvero un buon lavoro sulle loro menti...
Usciti da un bosco di alti abeti grigi, iniziarono ad affrontare una parte più ripida.
C'erano almeno due vie, a giudicare dal terreno.
Una era un canalone al riparo dal vento e da eventuali sguardi, l'altro più diretto lungo una bianca salita innevata ed esposta.
Lyandria si tenne in alto, esaminando i resti di una misera torre di guardia di cui restavano poche pietre, mentre il resto della spedizione scelse il canyon.
Dall'alto Lyandria individò un branco di bianchi lupi invernali uscire dal bosco.
Avevano fiutato le loro tracce.
L'esperto gruppo riuscì a seminarli facilmente con qualche espediente e qualche trucco magico, per poi proseguire lungo il sentiero montano per qualche ora fino a giungere ai margini di un lago ghiacciato.
Col suo destriero alato Lyandria fece da sentinella, ma troppo tardi si accorse delle due strane ombre sotto al ghiaccio, che puntarono verso i compagni per poi emergere spezzando la crosta.
Erano due temibili remorhaz, per fortuna non ancora adulti, ma ugualmente pericolosi.
I due predatori si avventarono sul gruppo che prese a fuggire verso nord, mentre Adelius con una illusione ne attirava uno dalla parte opposta e rallentava l'altro con un muro.
Il remorhaz inseguitore però scavò sotto, e pur perdendo terreno continuava a inseguirli.
Non era più veloce di loro, ma neppure più lento, e non era facile quindi liberarsene, e correre sulla neve stava diventando sempre più faticoso...
Per guadagnare ancora più terreno Adelius creò una catapulta illusoria, che con i suoi straordinari poteri rese reale, e si lanciò insieme a Gelrish come un proiettile in un folle volo che terminò contro un albero, guadagnando però parecchi metri...
Ishmael, rimasto indietro a tenere a bada la situazione, vide che finalmente la mostruosità desisteva. Che fosse perché avesse rinunciato, o perché non volesse spostarsi troppo a nord sconfinando in territorio più pericoloso, questo non era dato saperlo.
Il buio giungeva in fretta in quelle corte giornate del mese di Hammer, e il gruppo dopo aver camminato un'altra ora avvolto in una fastidiosa nebbia gelata, intirizzito e stremato si fermò ad accamparsi presso i resti di alcuni muretti in pietra, forse vestigia di un arcaico avamposto minerario, che almeno avrebbero dato loro un po' di riparo.
Nonostante il monito di Ishmael, accesero un fuoco. Non era possibile resistere senza in quel gelo, soprattutto di notte.
Inaspettatamente la notte trascorse senza imprevisti, e anche se mezzi anchilosati e rattrappiti al mattino ripresero il cammino. La strana nebbia era sempre tutto attorno. Gelida.
Era qualcosa di innaturale, qualcosa che faceva capire che la presenza di qualche creatura nella zona stava alterando il clima.
La firma di Arveiaturace.
E quel ghiacciaio era un ostacolo sulla loro rotta.
Avanzarono nella neve ora alta ma per fortuna anche dura e ghiacciata, senza affondarvi troppo, lungo stradine a picco nelle rocce che seguivano il profilo della montagna, fino ad una zona più spianata dove videro finalmente segni di civiltà.
Rovinati gradini erano infatti scavati nella roccia, fino ad un complesso di rovine ai piedi della aguzza e apparentemente inespugnabile vetta della montagna.
Erano certi si trattasse del covo di Meltharond, il mago ormai morto e bizzarramente ancora ancorato alla sella del drago. Si diceva persino che qualche rete di incantesimi da lui intessuta in precedenza mantenesse il cadavere integro e girasse la testa nella stessa direzione di dove guardava la dragonessa.
Uno dei pericoli da cui erano stati messi in guardia, era la capacità di Arveiaturace di attingere a diversi poteri magici delle bacchette del defunto mago pur senza usarle direttamente.
Il piano che avevano in mente era trovarle e spezzare quel legame, in modo da limitare in parte il potere dell'antica bestiona prima di doverla affrontare.
E questo piano passava da quell'inquietante nascondiglio.
Adelius usò un incantesimo per individuare la magia, temendo le protezioni che poteva avere il covo di un mago, anche se defunto da tempo, e non sbagliava.
Individuò qualcosa nascosto in cumuli di neve, forse proprio golem di neve pronti ad animarsi.
Cosa ancora più pericolosa, l'imponente statua di pietra che incombeva sull'ingresso, era anch'essa un grosso e terribile golem di pietra.
L'esperto mago però individuò i glifi protettivi, e fermò all'ultimo istante Lyandria che aveva già puntato la scala di ingresso un attimo prima che ne calpestasse uno.
Erano dentro, e avevano evitato i guardiani.
Ma cosa li aspettava in quel luogo buio, freddo e dimenticato?
E la dragonessa li aveva già percepiti?