CAPITOLO 60 - SCONTRO MORTALE
"Un uomo e la sua spada possono forgiare una leggenda.
Un uomo e il suo esercito possono conquistare una nazione.
Un uomo e il suo dio possono ricreare il mondo.
Tuttavia le spade si spezzano. Gli eserciti vacillano. Gli dèi tradiscono.
Ma un uomo avrà sempre le proprie mani per cavarsela."
(Maran Ventopungente)
Il rifugio di Meltharond era ricavato in un complesso sotterraneo antecedente al suo insediamento, qualche tempo antico da lui poi riorganizzato. La scala che avevano sceso terminava in una ampia sala arrotondata con una porta laterale e una grande porta a doppia anta nel lato corto a nord.
Era buio, eccetto la luce che alle loro spalle filtrava dalla scala appena scesa, e che proiettava la loro ombra sul pavimento pieno di intricate scritture e rune dal significato indecifrabile.
Adelius però capì. E con il suo sguardo in grado di percepire la magia, si rese conto che era un garbuglio fatto per confondere e distrarre da alcuni glifi protettivi tracciati in quella confusione.
Fortunatamente li aveva individuati, e si guardarono bene dall'attivarli, puntando alla piccola porticina laterale.
Il legno era antico, ma ancora integro, con pesanti rinforzi in ferro, e l'apertura portava ad uno stretto corridoio a croce, con una porta in fondo ad ogni estremità.
Alcune porte non avevano maniglie e serrature, ma un incavo per un sigillo, in tutta probabilità il sigillo del defunto mago.
Grazie alle sua capacità magiche, Adelius riuscì a realizzare una illusione del sigillo e a renderla reale, e funzionò.
La porta sud, la prima scelta, portava ad un grosso laboratorio in disordine illuminato da due bracieri magici ardenti di fuoco blu.
Lo stato della sala e degli oggetti sparsi attorno era tale da far capire molto bene la grande quantità di anni trascorsi nell'incuria.
La polvere era spessissima, perfino le ragnatele erano stratificate e vecchie. Pergamene e libri sbriciolati o rovinati dalla muffa e dalla condensa del freddo.
Improvvisamente dai bracieri si levarono in volo due orrendi teschi fiammeggianti, antichi servitori del mago.
Proprio quando la loro bocca si illuminò di fiamme, pronti a scagliare due devastanti palle di fuoco, Adelius prese le sembianze del mago, grazie al fatto di averlo visto nei sogni di Arveiaturace tempo prima, e riuscì così a placarli in tempo.
Lyandria e Gelrish nel frattempo curiosavano dalla parte opposta, trovando una ampia libreria purtroppo in condizioni simili al laboratorio.
Nonostante questo, raccattarono alcune pergamene magiche ancora integre.
Ma quello era un luogo pericoloso e pieno di trappole, e Adelius si arrabbiò molto per quella mancanza di disciplina, e mentre richiamava Lyandria ammonendola dei pericoli di attivare qualche protezione, finì per distrarsi lui stesso, e dal fondo del laboratorio i resti scheletrici di un gigante dei ghiacci si rianimarono attaccando gli avventurieri.
Per sconfiggere i distruttori di Ydaach'Nar ci voleva ben più di un mucchio d'ossa troppo cresciuto però, e ben presto il gigante crollò a terra in un mucchio fumante.
Avanzando scoprirono una scala che saliva, da cui filtrava luce e vento gelido.
Era la strada per la vetta.
Era la strada per la vera tana del drago.
Non erano ancora pronti...e non avevano trovato le bacchette.
Non potevano lasciare che il nemico potesse attingere a quel potere, ogni dettaglio era importante e ogni risorsa in meno su cui poteva contare era fondamentale vista la sua forza.
Tornarono quindi indietro riattraversando la biblioteca, in cui Adelius al prezzo di una trappola velenosa riuscì a portare via un imponente tomo, per poi proseguire verso gli alloggi del mago.
Altri due guardiani si frapposero nel loro cammino: due orrori corazzati, anch'essi placati dalle sembianze dell'antico padrone assunte da Adelius.
Trovarono altre pergamene, un letale spadone magico, e nella stanza da letto del mago anche un potente anello e finalmente due bacchette.
Senza neppure identificarle, le fecero sparire in una borsa conservante, una brillante idea per impedirne l'uso al drago senza doverle distruggere.
Tuttavia, non poteva esser tutto li, dovevano esserci altre cose da trovare, e andando a ritroso entrarono da una porta laterale che riportava in un ampio corridoio che avevano evitato all'inizio.
Mossi pochi passi una folgore da colore inquietante spazzò il corridoio.
Ishmael con una capriola ci passò sotto, appiattendosi contro la parete dal lato opposto del corridoio.
Adelius restò di sasso.
Letteralmente.
Si stava pietrificando.
I compagni accorsero provando a fortificare la sua capacità di resistere ma fu tutto inutile.
Stando attenti a non far scattare nuovamente la trappola, portarono la sua statua nella stanza di Meltharond.
Col fiato corto, si guardarono l'un l'altro come per sondare le loro intenzioni.
Rinunciare alla missione? Trovare una soluzione?
Esaminarono le bacchette requisite e buttate nella borsa conservante visto che neppure le avevano esaminate.
Una era in grado di dissolvere le magie.
Gelrish provò a usarla su Adelius, ma non accadde nulla. Provò allora a usare numerose cariche consecutive per far breccia, ma anche quello non ebbe effetto.
Anzi, un effetto ci fu.
Uno strano e lontano brontolio sordo, come un basso ringhio ferale echeggiò nei corridoi, proveniente dall'esterno.
Qualche tonfo sordo e dal soffitto cadde polvere e pietrisco, facendo leggermente tremare il complesso.
La Dragonessa, legata ai poteri delle bacchette, si accorse stavano venendo utilizzate.
Arveiaturace ora sapeva che erano li.

Questo mise ancora più fretta ai tre avventurieri, che presero a perquisire freneticamente il covo cercando altre pergamene o soluzioni che potessero annullare la pietrificazione.
Gelrish trovò un tomo alchemico che parlava di pozioni, e alcuni appunti su un unguento di basilisco.
Il problema era che nessuno di loro probabilmente sapeva produrlo, e soprattutto non avevan l'ingrediente principale.
Però il mago che una volta viveva li aveva anche annotato la produzione riuscita di alcuni esemplari, e nelle note scriveva di averli stipati in un luogo sicuro.
Forse c'era speranza.
Tornarono al corridoio della trappola pietrificante finendo di esplorare l'altra ala.
Da sopra altri segnali che il drago era inquieto e adirato, facendo tremare la struttura.
Gelrish si accorse che una parte della stanza dove erano ora non reagiva a quei crolli.
Era l'imbocco di un corridoio collassato da una frana.
Ma non era una frana. Era una illusione.
Il corridoio era intatto e quando Lyandria aprì la porta schivò per poco un altro raggio sottile e verdognolo che proseguì colpendo e disintegrando uno dei sarcofaghi ammucchiati disordinatamente nella stanza precedente.
Ecco i tesori di Meltharond.
Numerosi bauli chiusi con uno strano lucchetto col suo sigillo.
Con un calco di cera riuscirono a falsificarlo e ad aprirli, trovano numerose altre bacchette che era meglio far sparire, e soprattutto qualche pozione, tra cui l'unguento!
Spietrificarono uno sconvolto Adelius, poi si concessero qualche momento per riprendere fiato e riorganizzare le idee.
Erano ancora in forza e determinati ad arrivare in fondo.
Anche se il drago sapeva di loro.

Avanzarono lungo la lunga scalinata che saliva all'esterno, verso la luce, nell'aria freddissima, e che sbucava su un enorme spiazzo pianeggiante.
Il pavimento era lavorato con antiche rune mezze rovinate, forse opera dei giganti, come giganti erano le strutture e i resti di statue ai lati di quella parete montuosa sulla cima della montagna.
Il versante nord era collassato franando per centinaia di metri e si apriva su un panorama maestoso da quell'altezza.
Non si scorgeva alcun drago.
Adelius aveva creato una copia illusoria di se, per poi nascondersi nel piano etereo.
La sua copia avanzò nello spiazzo, provando a parlare ad Arveiaturace e a blandirla coi suoi discorsi.
Alle sue spalle, ben mimetizzata tanto da sembrare un pezzo della cima della montagna, la colossale creatura si mosse allungando il collo e soffiando un immane cono di gelo su di lui.
Soltanto per scoprire che era una illusione.
La sua furia si accese, sentendosi presa in giro, poi percepì anche gli altri, rimasti vicino all'ingresso.
I draghi bianchi erano di poche parole.
I draghi bianchi agivano.
Non c'era più scampo.
In pochi battiti d'ali era su Ishmael che stava caricando per accorciare la distanza, straziandolo con artigli e morsi per poi sbatterlo via con un colpo di coda.
Gelrish invocò la protezione di Valkur per i suoi amici.
Adelius provò un sortilegio mentale, ma non sapeva che la dragonessa attingeva al potere di uno speciale anello indossato dal cadavere del mago che portava in sella.
Un subdolo oggetto magico in grado di farla resistere agli incantesimi, e perfino di rifletterli sull'aggressore.
Arveiaturace evocò una nebbia gelida che mordeva la pelle, anche se si erano tutti protetti con le pozioni contro il freddo.
Gelrish la spazzò via richiamando il vento, poi cercò di tenersi al riparo di una delle monolitiche colonne.
Un colpo d'ali fece ruzzolare gli assalitori, e poi una nuova carica e l'antico essere era tra di loro.
Ishmael colpì più volte con la sua arma per poi arrampicarsi sulla gigantesca creatura e trovando un varco tra le incredibili scaglie riuscì anche a morderla, recuperando energie vitali.
Lyandria, seppure ferita, fece appello al grande Nuban e nei sui colpi impose tutta la furia divina, aprendo la prima vera grande ferita.

Gelrish lanciò un terribile fulmine che in parte danneggiò la dragonessa e in parte anche il povero Ishmael appeso ad essa.
Adelius venne ancora una volta ferito dal suo stesso incantesimo riflesso.
Accerchiata, la creatura provava a tener lontana Lyandria ma non riusciva a togliersi da dosso il tenace pirata appeso a se.
Neppure una terribile pioggia di frammenti di ghiaccio, che ferì tutti, li fece desistere.
Finalmente Adelius riuscì a fare breccia nella mente della colossale dragonessa, causando danni invisibili ma importanti alla sua mente, tanto da lasciarla incapacitata per alcuni lunghi istanti.
Istanti in cui gli assalitori infierirono su di lei e sulle ferite già aperte.
Quando finalmente si scosse, non era più la cacciatrice.
Ora lottava di pura rabbia e sopravvivenza.
La sua fiducia era fiaccata, e il potere divino infuso nei colpi di Lyandria la ferì gravemente.
Il suo terribile soffio era inutile con un nemico sulla schiena e gli altri sparpagliati, e usò uno dei suoi incantesimi facendo esplodere allora una sfera di ghiaccio devastante.
Nonostante le ferite intuirono che stava cedendo.
Non potevano fermarsi ora. Non potevano fallire.
Arveiaturace eresse un muro di ghiaccio di fronte a Lyandria, per crearsi un varco e volare via con possenti colpi d'ala, ma Ishmael era ancora aggrappato e infieriva.
Non se ne rendeva neppure conto ma se non fosse stato per la benedizione di Valkur sarebbe già stato sbalzato nel vuoto.
Prima che potesse allontanarsi troppo Gelrish usò la forza che ancora gli restava per scagliare un incantesimo finale.
Dalla gestualità poteva sembrare una palla di fuoco, ma la scintilla che volò per oltre 40 metri in alto verso il drago era azzurra, e detonò in una esplosione elettrica che folgorò tutto ciò che stava attorno.
Le ali di Arveiaturace si irrigidirono, scosse dal fulmine, tutta la bestia tremò per poi iniziare una picchiata che terminò con un colpo simile ad un terremoto.
Da sotto la dragonessa morta, un malridotto ma miracolosamente vivo Ishmael uscì fuori.
Nonostante il dolore sorrideva.
Non ci credeva ancora, ma ce l'avevano fatta.
Arveiaturace era morta.
Il suo immane tesoro, protetto da strati di ghiaccio, brillava in un angolo ma presto venne portato alla luce.
Il ghiaccio dopotutto può sciogliersi. L'avidità umana è più tenace.
Era morta una leggenda.
Ne era nata un'altra.