venerdì 26 luglio 2024

PER UN PUGNO DI SANNISH (5)

CAPITOLO 5 - QUANDO LE COSE VANNO STORTE...

SALVATE IL SOLDATO DOWEN
Era passato solo un giorno e furono tutti e quattro di nuovo convocati nel covo di Ricamino.
Riguardo al già nominato Dowen Tre Dita, c'era un piccolo problema.
Quel figlio di una gran meretrice di Lolth era stato preso dal Pugno Fiammante.
Al momento era nella piccola caserma locale del quartiere di Brampton, ed era da escludere ovviamente qualunque azione di forza o violenta che avrebbe rotto la tacita tregua tra Gilda e Guardia Cittadina. Era probabile che poi venisse trasferito nella fortezza principale del Pugno, la famigerata Torre Marina di Balduran, dall'altra parte della città
La Gilda aveva per fortuna anche agganci all'interno del temuto corpo mercenario che aveva anche  funzione di guardia cittadina, e Ricamino affidò loro una nuova missione: affidarsi al contatto e trovare il modo di liberare Dowen per farlo cantare come quel tale Jed Maddox che andava tanto in voga in quel periodo.

Il Pugno Fiammante non ci andava molto per il sottile con certi criminali, e il rischio era di vederlo scomparire nella più merdosa gattabuia o ancor peggio per far prima giustiziato con qualche impiccagione di piazza che tanto allietava il popolino, e questo, anche se era tecnicamente possibile far parlare anche un morto, non doveva assolutamente accadere.
Tornarono subito nelle affollate vie cittadine per cercare l'infiltrato nel Pugno Fiammante

BRALDON IL NERO
L'infiltrato era un cacciatore di taglie, e visto il suo mestiere spesso frequentava le caserme del Pugno Fiammante. Con la scusa di consegnare ricercati o guardare le affissioni di nuove taglie ne approfittava per origliare notizie, confidenze, pettegolezzi e quant'altro.
Dovevano trovarlo e chiedergli di scoprire dove era Dowen e soprattutto eventuali piani per il trasferimento.
Quando sarebbe stato traferito, da chi, come, quante guardie, ogni elemento per predisporre rapidamente un piano di intervento.

Era quasi sera quando si diressero alla Via Est, distretto che ospita la Porta del Basilisco, la zona d'ingresso principale che collega alla Città Esterna e al resto del mondo offrendo servizi di tutti i generi ai viaggiatori grazie ad una moltitudine di Locande, portatori, scorte, e così via.
Il flusso di viaggiatori ne faceva una delle parti più pericolose della città.
In quel quartiere sorgeva la famosissima Locanda della Canzone Elfica, ma purtroppo per loro non erano diretti li, ma dal nano Brunt Shortleg, l'oste dell'Ascia Arrugginita, un postaccio nella zona più degradata e in rovina della zona (ma almeno la birra era buona).

Brunt confermò che Braldon era stato li proprio pochi minuti prima, fino a che una donna l'aveva cercato e poi erano usciti verso un vicolo laterale.
Svoltarono lungo alcuni viottoli in una zona di case abbandonate e in rovina, per giungere in una stradina che dominava dall'alto una piazza deserta con un pozzo in disuso.
E Braldon era la.

Lo trovarono in una brutta situazione, la donna strillava e accusava il povero bastardo dell'arresto del marito.
Più lui si discolpava o provava a dire che non poteva comunque liberarlo, più la rabbia della donna aumentava, e più aumentava la sua rabbia e più succedeva qualcosa di strano: pareva che la tizia stesse mutando, la sua faccia si allungava, le dita erano più adunche..

Non era facile capire con quella luminosità, ma la dannata si era trasformata in un topo mannaro!
Non c'era altro tempo da perdere, e i quattro Risolutori della Gilda intervennero subito per fermarla, anche se lo stesso Braldon aveva già estratto un'arma per difendersi.

La donna però, evocò chissà come uno sciame di topi che gliela fece cadere disarmandolo, poi si voltò a fronteggiare i nuovi arrivati, mentre altri topi sciamavano da ogni pertugio.
Nonostante i topi, e la sua resistenza a tutto ciò che non fosse un'arma d'argento, la mannara era comunque contro cinque avversari che non erano certo a digiuno con l'arte di dare la morte, e ferita gravemente fuggì in forma di topo lasciando i quattro con il tizio, stupito e forse anche un po' imbarazzato.
I quattro non parevano molto interessati alle reali ragioni della tizia o alle colpe eventuali di Braldon e a dispensar giudizi sul suo operato, e senza troppi convenevoli gli spiegarono quel che era accaduto e quel che loro e Ricamino volevano da lui.
L'uomo si mise subito all'opera.
E presto avrebbe avuto informazioni.


venerdì 19 luglio 2024

PER UN PUGNO DI SANNISH (4)

CAPITOLO 4 - UN FILO TIRA L'ALTRO

GROBEN
Una delle abilità di Fili era conoscere una miriade di ripari, stamberghe, buchi, depositi da usare come rifugi e basi.
Fu in uno di questi che condussero Groben. Con gran delusione però, non servì alcuna tortura o sevizia, astuzia o raggiro per cavargli le informazioni.
Lui ne sapeva ben poco, era uno spacciatore da quattro soldi, e non aveva neppure idea che il sannish che aveva venduto non era passato prima sotto l'amorevole approvazione della Gilda.
Sembrava più stupito di loro.
Ma sputò un nome: Gustav il Panzone.
Non si trattava di uno sconosciuto alle loro orecchie.
Gustav aveva una vineria in un mercatino sotto un porticato coperto, nel porto.
Quella ovviamente non era la sua unica attività, ma si occupava di procurare "ordini particolari".
Era un tramite.
Un modo ingegnoso per non mettere a contatto diretto domanda e offerta, garantendo sicurezza e anonimato.
Groben rivelò che per ordinare il sannish era necessario ordinare un vino particolare: "dodici casse di blu nobile".
Era chiaro che non era neppure lui il responsabile, ma era senza dubbio un filo da tirare per capirci qualcosa in quel garbuglio.
GUSTAV
La sera successiva, quattro figuri entrarono nel colonnato del mercato da direzioni opposte, apparentemente bighellonando ma in realtà avendo occhi per ogni possibile pericolo o spia in agguato.
Si diressero verso la vineria di Gustav il panzone, che stava sbaraccando e chiudendo.

Syaoran e Fili avevano già individuato due tizi che erano sicuramente i guardaspalle del mercante.
Jamros e Galin si avvicinarono e ordinarono le famose dodici casse del messaggio in codice, provocando una alzata di sopracciglio da parte di Gustav, che mutò in sospetto, e poi paura quando si rese conto che non volevano davvero ordinare, ma ficcare in naso.
Il suo sguardo saettò verso una delle colonne dove fino a poco prima era stato una delle sue guardie, ma erano entrambe state già messe fuori gioco.
Messo alle strette piagnucolò una infinta serie di scuse e giri di parole per non dire nulla di concreto ma alla fine capì che qualcosa doveva dire.
Rivelò alla fine un altro filo da tirare: un tale Al Kassar, che ogni tanto passava a consegnare le famose dodici casse, e si lamentò che lui era solo un tramite innocente, usato anche da loro della Gilda, e che non c'entrava nulla. 
E fu ascoltato.
La sua vita, con suo sollievo, proseguì.

Il giorno dopo erano di nuovo appostati nei dintorni, fino a che uno strano tizio dalla pelle olivastra, intabarrato in modo esotico, passò dalla vineria.
Gustav come convenuto fece cenno a Jamros che era lui. Era Al Kassar.
L'uomo si scusò con Gustav per il ritardo, dicendo che stava avendo qualche problema ma presto sarebbe riuscito a fornire quando chiesto, poi si allontanò.

AL KASSAR
Lo pedinarono fino ad una squallida locanda interrata in un sotterraneo: La Scrofa Interrata.
La sua particolare ubicazione faceva si che l'olezzo e i fumi al suo interno, in assenza di finestre se non qualche feritoia a livello della strada, restassero all'interno come una coltre di nebbia insopportabile.
Oltre alla puzza di alcool vomitato e umori umani, era chiaro che si fumasse parecchia erba del diavolo la sotto.

La locanda era ellittica, con tante piccole rientranze lungo tutta la circonferenza, che ospitavano tavolini piuttosto riparati gli uno dagli altri. L'unico spazio comune era un assembramento di tavoli di vari stili, fogge e dimensioni proprio innanzi al grande bancone.

Circospetti, individuarono Al Kassar, e origliarono.
Sembrava serio e preoccupato.
Si stava lamentando con un tizio di non riuscire a soddisfare il panzone perché il suo fornitore non si presentava li alla Scrofa da qualche giorno, e ipotizzava allora di cercare qualcun altro della Gilda a cui chiedere.
Della Gilda??
Qualcosa non tornava..si riforniva dalla Gilda?
Stavano per entrare in azione e capire meglio la situazione quando col suo interlocutore sputò finalmente il nome. Il filo definitivo da tirare: Dowen Tre Dita.

Ora iniziavano a capirci qualcosa... quel Dowen si stava spacciando per uno della Gilda ma loro sapevano che non era così.
Certo, nel suo passato si diceva che una volta fosse stato dei loro, ma da tempo non lo era più.
Era un mezzodrow che aveva servito come arciere in una compagnia mercenaria e si sa cosa fanno i nemici agli arcieri se li catturano: gli tolgono gli attrezzi del mestiere: le dita con cui si tende la corda.
Aveva lasciato la Gilda e anche Baldur's Gate, o così si pensava.
E invece ora provava a fotterli?
Un altro problema però sembrava profilarsi all'orizzonte: la preoccupazione di Al Kassar per l'irreperibilità di Dowen.
Sarebbe stato spiacevole se gli fosse accaduto qualcosa di male prima che loro potessero fargli qualcosa di ancora più male.
Era tempo di riferire a Ricamino.

Lasciarono quello schifo di locanda per un altro schifo: le fogne.
Il premio almeno fu la bella visione di Ricamino, che li fissava con aria arcigna in attesa che sputassero il rospo.
Non fu contenta di sentire il loro resoconto, e che c'era chi faceva passare i propri affari illegali sotto l'egida della  ma li pagò per la missione compiuta, dicendo che restassero in attesa di sviluppi.
A Dowen avrebbe pensato lei.


martedì 16 luglio 2024

PER UN PUGNO DI SANNISH (3)

CAPITOLO 3 - CHI TI TOGLIE DAI GUAI...


La notte era ancora giovane, ed erano a Brampton, in quel distretto basso e affollato dove marinai provenienti da cento porti andavano da un’osteria a una birreria a una bisca e poi da capo e venivano passati per un setaccio di osti, puttane, rapinatori, giocatori di dadi, bari di strada e altri ignobili lestofanti, finché si trovavano le tasche tanto vuote quanto le teste pesanti, e li si poteva scaricare sulle loro navi a godersi nuovi postumi di sbornie e malattie.
Uno di questi posti, dove scommettitori e appassionati di bische e sangue potevano sfogarsi e dilapidare quelle poche monete che avevano era...

IL CERCHIO DI KORAB
Marando Korabalt detto "Korab" era un tizio del sud, forse del Calimshan o del Turmish, viscido come un cobra e velenoso come uno di quei loro dannati scorpioni.
Si era creato i suoi spazi e i suoi commerci (grazie agli schiavi, si diceva) e ora senza pestare i piedi a nessuno gestiva la sua losca arena clandestina, "il Cerchio di Korab" appunto.
Anche se l'arena ufficialmente era segreta, non fu difficile trovarla, ma i pesanti portoni erano già chiusi.
Fortunatamente le guardie si lasciarono raggirare facilmente sommersi da una ondata di fandonie e scuse inventate con gran prontezza.
Quando c'era da partorire stronzate, tra Jamros e Galin era una bella lotta, ed entrambi erano più gravidi di una cobolda.
Il taciturno Syaoran era stato spacciato come uno dei combattenti della serata, e questo garantì l'ingresso.

Rumore, fetore e ancora rumore accolsero i nuovi entrati.
Nel cerchio si stavano già affrontando degli sventurati per la gioia del pubblico, ma a loro interessava trovare Groben lo Storpio e non sarebbe stato facile in quel casino.
Si divisero tra le due ampie gradinate che circondavano l'arena, e che si stringevano circolarmente verso la parte opposta ai portoni d'ingresso dove si raccordavano con una tribuna riservata e rialzata.
Se lo Storpio aveva il vizio delle scommesse, beh, forse era più veloce chiedere direttamente a Korab, magari lo conosceva.
Tra il dire e il fare c'era di mezzo qualche energumeno di guardia e l'accesso alla tribuna non era così semplice, e quando riuscirono ad entrare scoprirono due notizie, una buona e una di merda.
Quella buona era che Groben era li.
Quella pessima era che stavano per ucciderlo o fargli molto male.
Il bastardo aveva accumulato un po' troppi debiti, ed era in ginocchio ai piedi di un sinistro sgherro di Korab, mentre il barbuto padrone della baracca lo stava insultando e redarguendo col suo buffo accento.
Cercando di non far degenerare le cose e al termine di una tesissima trattativa riuscirono miracolosamente a fermare il suscettibile e volubile Korab ma per liberare lo stupefatto Groben alla fine dovettero cedere ad un accordo: si sarebbero prestati al grande spettacolo dell'arena.
MENARE LE MANI
Il prescelto ovviamente fu Syaoran.
Lo speciale fuori programma fu annunciato poco dopo in pompa magna da un bizzarro bardo mascherato e il monaco, con gran sorpresa degli spettatori, entrò nel cerchio disarmato.
Dall'altro lato fece il suo ingresso un nerboruto bugbear.
Se le cicatrici fossero state un linguaggio scritto, Syaoran vi avrebbe letto "ora ti fotto a morte".
Se non bastavano quelle, il messaggio giunse ancora più forte dall'imponente palla chiodata che penzolava da una spessa catena arrugginita, e dal giavellotto che il grosso goblinoide stringeva nell'altra mano.
Lo scaltro e grosso avversario si dimostrò più agile del previsto, scagliando all'improvviso il giavellotto per poi partire mulinando quel pesante flagello acuminato.
Per rendere il tutto più pepato, alle pareti facevano bella mostra alcuni spunzoni, e Syaoran si accorse che il gioco di gambe del bugbear voleva spostarlo e dirigerlo spalle al muro.
Il monaco evitava i colpi con eleganza, e rispondeva con pugni e calci precisi e rapidi ma quell'arma era brandita con astuzia e le sue traiettorie imprevedibili finirono per colpirlo più volte, per fortuna non in pieno.
Seguendo il detto "fidarsi è bene, non fidarsi è meglio", pur avendo fiducia nelle capacità del compagno, in modo discreto anche se rischioso, dal pubblico giunse qualche aiuto, sotto forma di incantesimi mentali del perfido Jamros, che era in grado di utilizzarli subdolamente anche silenziosamente e senza doverli formulare, e di qualche sotterfugio dell'infido gnomo mischiato nella folla.
Grazie a Mask o forse grazie a Tymora, Marando Korabalt non si accorse mai che quell'incontro fu influenzato da loro.
E grazie a Mask..o forse anche un po' a Shar, Syaoran vinse e salvò così la vita a Groben lo Storpio.
Mentre lo portavano via, lo Storpio scrutava con curiosità e riconoscenza i quattro strani salvatori.
L'avevano tolto dai guai. Grossi guai.
Riconoscenza.. era quasi ironica la cosa...
"Sai..." iniziò a dire Galin "...che non sempre chi ti toglie dalla merda lo fa per il tuo bene?"
E li, la riconoscenza di Groben fece la stessa fine del bugbear nell'arena...



venerdì 12 luglio 2024

PER UN PUGNO DI SANNISH (2)

CAPITOLO 2 - CONCORRENZA

Ricamino scrutò i quattro agenti con un mezzo sorriso.
Disse loro che li aveva convocati tutti e quattro non perché il lavoro fosse eccessivamente difficile o complicato, ma perché richiedeva una risoluzione veloce, pulita, immediata.
Qualcuno stava spacciando sannish.
Qualcuno oltre alla Gilda, intendeva.
Quella dolce mistura da masticare, che causava macchie blu su lingua e labbra, era in voga nei quartieri poveri e presso coloro che svolgevano lavori di duri e faticosi. Ovattava e leniva i dolori, rendendo quasi insensibili ma causando sonnolenza.
Quella dolce mistura ora era venduta anche da qualcun altro.
Qualcuno che andava scoperto e fermato.
La Gilda si occupava di tante attività diversificate, dai furti al taglieggio, dal contrabbando alle falsificazioni, e non era carino fare concorrenza sleale e al ramo "spaccio".
Dovevano scoprire chi c'era dietro e informarla, senza azioni eclatanti e restando come di consueto nell'ombra.
Non era ancora chiaro se fossero interessati tutti i quartieri della Città Bassa, ma un buon posto per iniziare a cercare era Heapside, e le voci parlavano soprattutto dei dintorni di un locale.

LA SIRENA TIMIDA
Le indagini iniziarono dalla Sirena Timida, una locanda-bordello nella zona nord-est della città bassa.
Era un posto particolare, rispettato e dove le bande non si facevano la guerra, perlomeno all'interno.
Era un posto non certo di lusso, ma ci si potevano trovare baldracche interessanti, notizie, liquori speciali, e persone.
Per prima cosa chiesero in maniera discreta qualche informazione a Rant, il mezzorco oste padrone del posto, ma l'omone sfregiato ci teneva a restare neutrale e fuori dalle lotte tra delinquenti, e la sua Locanda era asilo di ogni genere di sgherro o reietto ma il tutto gestito secondo un principio di neutralità e rispetto, e i guai venivano allontanati dalla sua incredibile mazza chiodata se necessario.
Allora si guardarono attorno in cerca di avventori interessanti, mentre Galin e Jamros cercavano confidenze direttamente da qualche procace lavoratrice.

SILANKA
Una ragazza dallo sguardo da faina, notando che cercavano qualcosa, si avvicinò ai quattro per fornire aiuto in cambio di qualche moneta.
Non era una meretrice locale, non ne aveva l'aspetto e i modi.
Non era neppure un'altra affiliata della Gilda: Silanka Gold, così si faceva chiamare, era una ladra indipendente che vendeva informazioni e servigi solo per se stessa.

Il sospettoso Galin diffidava di una non affiliata.
"Siamo sicuri di poterci fidare di lei?" Disse rivolto agli altri quando pareva che la prendessero sul serio
"Oh, ma io non vi voglio fregare!" Rispose lei facendo occhi da cerbiatta e Fili, che un po' la conosceva la ammonì con la sua vocetta gracchiante
"Oh, lo so..e sai perchè? Ci sono soltanto tre persone nella vita che non puoi mai fregare: agenti dei pegni, puttane, e tua madre. E dato che tua madre è morta, io, mia cara, ho preso il suo posto..."
Le diede un'ultima occhiataccia ammonitrice per veder se aveva inteso, poi sorrise.

La ragazza li guidò dunque fuori, attorno alla Locanda, e presto trovarono un relitto umano accasciato in mezzo a casse vuote sparse attorno ad un carretto divelto.
"Macchie blu" Sorrise Silanka. "E' tutto vostro.."

LARKO
Il tizio, un tale Larko, aveva una vitalità prossima a quella degli sputi sul selciato, ma torchiato a dovere dimostrò che per quanto uno riesca a trattare male se stesso fino all'autolesionismo, quando improvvisamente si vede sfilare via la vita, comincia a riconsiderare molte cose, e a trovarla importante.
E per quanto inutile, la sua vita risparmiata portò ai quattro Risolutori di problemi il nome di colui che aveva venduto il sannish a Larko: Groben Lo Storpio.
Quel nome non era della Gilda e confermava i sospetti di Ricamino: qualcun altro non autorizzato vendeva quella roba nel loro territorio.
Grazie a Silanka, che arrotondò così il bottino, scoprirono che questo tale Groben era un patito dei combattimenti clandestini e spesso si poteva trovare al "Cerchio di Korab", una arena clandestina ricavata in un ex mercato coperto nel cuore del quartiere di Brampton.
Un posto senza dubbio divertente e grazioso.
La ladra fornì loro una approssimativa descrizione dello spacciatore, ma visto che non erano certo novellini dell'ambiente, già sapevano che era soltanto un pesce piccolo, e che era solo uno dei tanti fili da tirare per svelare il complicato arazzo della verità
Ringraziarono Silanka e maledirono Ricamino per quel lavoretto "veloce" e si diressero proprio laggiù.


mercoledì 10 luglio 2024

PER UN PUGNO DI SANNISH (1)

Introduzione

Il racconto che segue è tratto da una campagna di 4-5 sessioni a tema criminale che risponde alla domanda: si possono fare avventure con party di soli PG malvagi? Of course.
E in un Per Pugno di Sannish troviamo quindi un gruppo di "Risolutori" al servizio della Gilda dei Ladri di Baldur's Gate immersi in una indagine dai toni pulp e dark ma anche con humor e badassery quanto basta per far emergere tutte le mie fonti di ispirazione, registiche da Tarantino a Guy Richie, e dal lato scrittura Joe Abercrombie (avete letto le sue due principali trilogie? no?!?!? e cosa aspettate, fatelo!) o Scott Lynch.
Ovviamente non mancherà linguaggio sboccato, droghe e situazioni scabrose.
Ma torniamo alla Locanda del Gatto Lercio per sentire questa storia direttamente dalle parole dell'Oste...

CAPITOLO 1 - I RISOLUTORI

E' tarda notte alla Locanda del Gatto Lercio, e i pochi avventori rimasti non sono certo stinchi di santo. La luce è sempre più fioca, e le candele che si sono spente ormai non vengono sostituite.
Tra i pochi ancora lucidi e in grado di formulare frasi intellegibili o non pisciarsi sui piedi tuttavia c'è ancora voglia di storie.
A certa gente però non vanno molto a genio le solite storie di eroi e imprese coraggiose, forse perché a quell'ora gli avventori sono di tutt'altra pasta.
Qualcuno incita l'oste a raccontare qualcosa di diverso...
"Basta con sti cazzo di paladini! Raccontaci una storia di maledetti bastardi gentiluomini! Una storia di sangue e merda!"
E non hanno parlato con un sordo, perché l'Oste, con un sorrisetto di chi la sa lunga, comincia a raccontare...
JAMROS
Jamros, avvolto nel suo lungo pastrano scuro stava facendo strane smorfie mentre proseguiva oltre la grata arrugginita e semidistrutta che conduceva a uno dei tanti ingressi del labirintico complesso fognario di Baldur's Gate.
Le smorfie non erano per il lezzo di escrementi, liquami e topo morto, ma stava semplicemente parlando e discutendo, forse perfino litigando, con se stesso.
Strano tipo quel Jamros, uno stregone mezzelfo, e uno stregone i cui poteri provenivano da qualcosa di remoto e folle. Poteri che influenzavano e sondavano le menti, e poteva penetrarle parlandoci telepaticamente.
Conosceva la sua meta, ma era comunque un po' indeciso sulla strada.
Non conosceva ancora il motivo della convocazione, anche se poteva immaginare che ci fosse qualche piccola cosa da mettere a posto...
Svoltato un angolo, in una galleria bassa e ad arco, si bloccò mettendo mano alla sua arma quando una bassa figura incappucciata incrociò la sua strada.
Uno spregevole goblin! Una eliminazione facile per uno come lui.
"Ehy! Jamros, vecchio maniaco.."
La vocetta stridula e nasale l'aveva chiamato per nome...un momento..non era forse...?

GALIN
Il piccolo goblin di nome Galin guardò con occhi vagamente strabici lo stregone chiedendo come mai fosse li anche lui.
Era stato convocato.
Anche lui?
Proseguirono insieme.
Galin sembrava più a suo agio dello spilungone allampanato in quel dedalo di scure gallerie.
Dopotutto i goblin solitamente erano visti come minacce da eliminare, banditucoli mezze tacche che infastidivano carovane fuori città e infestavano le terre selvagge.
I pochi in città erano visti ugualmente male e disprezzati, e li, in mezzo alla merda, erano ben pochi quelli che potevano disprezzarlo.
In realtà anche in superficie, perlomeno in certi quartieri, aveva imparato a farsi rispettare e a cavarsela con l'eloquio, l'astuzia, e uno charme insospettabile..era una sorta di menestrello che adorava monete e tesori.
I suoi sensi ben presto lo avvertirono che erano seguiti: qualcuno dal passo leggero si teneva nell'ombra, diversi passi dietro a loro.
Si appostarono dietro una rientranza e finalmente lo videro...

SYAORAN
Un uomo dai tratti esotici e la veste grigio-scura come le pietre su cui si edificava mezza città. Avanzava placido, non aveva armi visibili, ma in fondo non ne avrebbe avuto bisogno: lui era un monaco e gli bastavano le mani e il suo corpo piallato dalla dura disciplina.
Era un monaco dell'ombra, addestrato tempo addietro in un monastero della Luna Nera, addestrato dagli shariti.
Riconobbe i due davanti a se.
Sebbene non avessero mai lavorato insieme, sapevano uno dell'altro, e sapevano di fare lo stesso mestiere e di esser al soldo della stessa organizzazione: La Gilda.
Senza troppi convenevoli l'uomo, come suo solito molto silenzioso e riservato, si unì al gruppetto di lestofanti.
Il piccolo approdo clandestino doveva esser vicino, e li avrebbero trovato una barca per navigare un canale fognario più largo e arrivare al luogo dell'appuntamento.
Lungo un buio canale laterale in cui neppure la luce dei soprastanti tombini non riusciva a giungere, sentirono uno stonato fischiettio.
Chi era l'imbecille che fischiettava incautamente come niente fosse in un posto del genere?
Spuntò dall'ombra una bassa e tozza forma, più piccola perfino di Galin ma forse più robusta...

FILI
Anche detto Fili Fifolì Fu, era uno svirfneblin, ma se il termine vi fa attorcigliare la lingua potreste dire "gnomo delle profondità".
Quale inferno, schiavista o immenso pericolo l'avesse mai fatto fuggire dal Buio Profondo, suo ambiente naturale, restava un mistero, ma ormai si era abituato alla losca vita cittadina o sub-cittadina.
In fondo qualunque cosa era meglio dei drow, o di un orrore uncinato pronto a ghermirti nel buio.
Spesso faceva anche da guida per le profondità, ma era anche un contrabbandiere, un furfante, e ovviamente un altro "Risolutore" chiamato quel giorno.
Nonostante la sua vocetta nasale fosse ancora più fastidiosa di quella del goblin, la sua presenza fu utile per trovare più rapidamente la via per l'approdo, e tutti e quattro giunsero finalmente alla piccola base che ospitava anche un tempietto di Mask, che ovviamente non era il vero e principale tempio di Mask, il cui Priore restava una personalità misteriosa anche per loro, e per molti della Gilda.

Era molto strano che tutti e quattro fossero attesi assieme. Forse c'erano quattro missioni individuali da assegnare? Loro non lavoravano per uno dei tanti rami della Gilda, loro facevano un lavoro trasversale, che poteva interessare qualunque ramo ci fosse bisogno.
Loro erano Risolutori.
Risolvevano problemi.
E sanno solo gli Dei quanti problemi c'erano a Baldur's Gate, ma per fortuna loro si occupavano solo di quelli della Gilda
La sgradevole sospetto che dovessero lavorare insieme prese a serpeggiare tra loro mentre alcuni loschi figuri di guardia li identificarono e scortarono lungo alcune stanzette umide fino all'anticamera del Tempio.
Ed era li che li attendeva...

RICAMINO
Una giovane donna dalla lunga e spessa treccia castana, si sarebbe potuta definire bella.
Anzi, molto bella.
Non fosse per quello sguardo glaciale che prometteva morte rapida e quella bocca che non conosceva il sapore di un sorriso, a meno che non fosse amaro o sarcastico.
Il suo nomignolo derivava dalle storielle sulla sua incredibile maestria con lo stocco, con la cui punta si diceva fosse in grado di ricamare appunto qualunque cosa sulla pelle dei malcapitati avversari.
Era una dei temuti collaboratori di Keene Novedita, colei che si mormorava fosse a capo della Gilda, anche se in altri ambienti si pensava che fosse solo una figura di facciata, e che i veri fili fossero mossi da altri.
Ad ogni modo Ricamino restava una temuta e rispettata figura per quei quattro bastardi ora ricevuti nell'austero santuario dedicato al Dio dei Ladri.
Ne avevano combinate parecchie nella loro vita, ma mai avrebbero fatto incazzare la donna.
E mai avrebbero disubbidito, nonostante il credo di Mask non fosse esattamente un inno alla fedeltà, alla legge e all'onore.
Non restava che capire  cosa stava per chiedergli...



venerdì 5 luglio 2024

RETURN OF THE STORM MAIDEN (60)

CAPITOLO 60 - SCONTRO MORTALE

"Un uomo e la sua spada possono forgiare una leggenda.
 Un uomo e il suo esercito possono conquistare una nazione.
 Un uomo e il suo dio possono ricreare il mondo.
 Tuttavia le spade si spezzano. Gli eserciti vacillano. Gli dèi tradiscono.
 Ma un uomo avrà sempre le proprie mani per cavarsela."

 (Maran Ventopungente)


Il rifugio di Meltharond era ricavato in un complesso sotterraneo antecedente al suo insediamento, qualche tempo antico da lui poi riorganizzato. La scala che avevano sceso terminava in una ampia sala arrotondata con una porta laterale e una grande porta a doppia anta nel lato corto a nord.

Era buio, eccetto la luce che alle loro spalle filtrava dalla scala appena scesa, e che proiettava la loro ombra sul pavimento pieno di intricate scritture e rune dal significato indecifrabile.
Adelius però capì. E con il suo sguardo in grado di percepire la magia, si rese conto che era un garbuglio fatto per confondere e distrarre da alcuni glifi protettivi tracciati in quella confusione.
Fortunatamente li aveva individuati, e si guardarono bene dall'attivarli, puntando alla piccola porticina laterale.
Il legno era antico, ma ancora integro, con pesanti rinforzi in ferro, e l'apertura portava ad uno stretto corridoio a croce, con una porta in fondo ad ogni estremità.
Alcune porte non avevano maniglie e serrature, ma un incavo per un sigillo, in tutta probabilità il sigillo del defunto mago.
Grazie alle sua capacità magiche, Adelius riuscì a realizzare una illusione del sigillo e a renderla reale, e funzionò.
La porta sud, la prima scelta, portava ad un grosso laboratorio in disordine illuminato da due bracieri magici ardenti di fuoco blu.
Lo stato della sala e degli oggetti sparsi attorno era tale da far capire molto bene la grande quantità di anni trascorsi nell'incuria.
La polvere era spessissima, perfino le ragnatele erano stratificate e vecchie. Pergamene e libri sbriciolati o rovinati dalla muffa e dalla condensa del freddo.
Improvvisamente dai bracieri si levarono in volo due orrendi teschi fiammeggianti, antichi servitori del mago.
Proprio quando la loro bocca si illuminò di fiamme, pronti a scagliare due devastanti palle di fuoco, Adelius prese le sembianze del mago, grazie al fatto di averlo visto nei sogni di Arveiaturace tempo prima, e riuscì così a placarli in tempo.

Lyandria e Gelrish nel frattempo curiosavano dalla parte opposta, trovando una ampia libreria purtroppo in condizioni simili al laboratorio.
Nonostante questo, raccattarono alcune pergamene magiche ancora integre.
Ma quello era un luogo pericoloso e pieno di trappole, e Adelius si arrabbiò molto per quella mancanza di disciplina, e mentre richiamava Lyandria ammonendola dei pericoli di attivare qualche protezione, finì per distrarsi lui stesso, e dal fondo del laboratorio i resti scheletrici di un gigante dei ghiacci si rianimarono attaccando gli avventurieri.
Per sconfiggere i distruttori di Ydaach'Nar ci voleva ben più di un mucchio d'ossa troppo cresciuto però, e ben presto il gigante crollò a terra in un mucchio fumante.
Avanzando scoprirono una scala che saliva, da cui filtrava luce e vento gelido.
Era la strada per la vetta.
Era la strada per la vera tana del drago.
Non erano ancora pronti...e non avevano trovato le bacchette.
Non potevano lasciare che il nemico potesse attingere a quel potere, ogni dettaglio era importante e ogni risorsa in meno su cui poteva contare era fondamentale vista la sua forza.

Tornarono quindi indietro riattraversando la biblioteca, in cui Adelius al prezzo di una trappola velenosa riuscì a portare via un imponente tomo, per poi proseguire verso gli alloggi del mago.
Altri due guardiani si frapposero nel loro cammino: due orrori corazzati, anch'essi placati dalle sembianze dell'antico padrone assunte da Adelius.
Trovarono altre pergamene, un letale spadone magico, e nella stanza da letto del mago anche un potente anello e finalmente due bacchette.
Senza neppure identificarle, le fecero sparire in una borsa conservante, una brillante idea per impedirne l'uso al drago senza doverle distruggere.
Tuttavia, non poteva esser tutto li, dovevano esserci altre cose da trovare, e andando a ritroso entrarono da una porta laterale che riportava in un ampio corridoio che avevano evitato all'inizio.
Mossi pochi passi una folgore da colore inquietante spazzò il corridoio.
Ishmael con una capriola ci passò sotto, appiattendosi contro la parete dal lato opposto del corridoio.
Adelius restò di sasso.
Letteralmente.
Si stava pietrificando.
I compagni accorsero provando a fortificare la sua capacità di resistere ma fu tutto inutile.
Stando attenti a non far scattare nuovamente la trappola, portarono la sua statua nella stanza di Meltharond.
Col fiato corto, si guardarono l'un l'altro come per sondare le loro intenzioni.
Rinunciare alla missione? Trovare una soluzione?
Esaminarono le bacchette requisite e buttate nella borsa conservante visto che neppure le avevano esaminate.
Una era in grado di dissolvere le magie.
Gelrish provò a usarla su Adelius, ma non accadde nulla. Provò allora a usare numerose cariche consecutive per far breccia, ma anche quello non ebbe effetto.
Anzi, un effetto ci fu.
Uno strano e lontano brontolio sordo, come un basso ringhio ferale echeggiò nei corridoi, proveniente dall'esterno.
Qualche tonfo sordo e dal soffitto cadde polvere e pietrisco, facendo leggermente tremare il complesso.
La Dragonessa, legata ai poteri delle bacchette, si accorse stavano venendo utilizzate.
Arveiaturace ora sapeva che erano li.

Questo mise ancora più fretta ai tre avventurieri, che presero a perquisire freneticamente il covo cercando altre pergamene o soluzioni che potessero annullare la pietrificazione.
Gelrish trovò un tomo alchemico che parlava di pozioni, e alcuni appunti su un unguento di basilisco.
Il problema era che nessuno di loro probabilmente sapeva produrlo, e soprattutto non avevan l'ingrediente principale.
Però il mago che una volta viveva li aveva anche annotato la produzione riuscita di alcuni esemplari, e nelle note scriveva di averli stipati in un luogo sicuro.
Forse c'era speranza.

Tornarono al corridoio della trappola pietrificante finendo di esplorare l'altra ala.
Da sopra altri segnali che il drago era inquieto e adirato, facendo tremare la struttura.
Gelrish si accorse che una parte della stanza dove erano ora non reagiva a quei crolli.
Era l'imbocco di un corridoio collassato da una frana.
Ma non era una frana. Era una illusione.
Il corridoio era intatto e quando Lyandria aprì la porta schivò per poco un altro raggio sottile e verdognolo che proseguì colpendo e disintegrando uno dei sarcofaghi ammucchiati disordinatamente nella stanza precedente.
Ecco i tesori di Meltharond.
Numerosi bauli chiusi con uno strano lucchetto col suo sigillo.
Con un calco di cera riuscirono a falsificarlo e ad aprirli, trovano numerose altre bacchette che era meglio far sparire, e soprattutto qualche pozione, tra cui l'unguento!
Spietrificarono uno sconvolto Adelius, poi si concessero qualche momento per riprendere fiato e riorganizzare le idee.
Erano ancora in forza e determinati ad arrivare in fondo.
Anche se il drago sapeva di loro.

Avanzarono lungo la lunga scalinata che saliva all'esterno, verso la luce, nell'aria freddissima, e che sbucava su un enorme spiazzo pianeggiante.
Il pavimento era lavorato con antiche rune mezze rovinate, forse opera dei giganti, come giganti erano le strutture e i resti di statue ai lati di quella parete montuosa sulla cima della montagna.
Il versante nord era collassato franando per centinaia di metri e si apriva su un panorama maestoso da quell'altezza.
Non si scorgeva alcun drago.
Adelius aveva creato una copia illusoria di se, per poi nascondersi nel piano etereo.
La sua copia avanzò nello spiazzo, provando a parlare ad Arveiaturace e a blandirla coi suoi discorsi.
Alle sue spalle, ben mimetizzata tanto da sembrare un pezzo della cima della montagna, la colossale creatura si mosse allungando il collo e soffiando un immane cono di gelo su di lui.
Soltanto per scoprire che era una illusione.
La sua furia si accese, sentendosi presa in giro, poi percepì anche gli altri, rimasti vicino all'ingresso.
I draghi bianchi erano di poche parole.
I draghi bianchi agivano.
Non c'era più scampo.

In pochi battiti d'ali era su Ishmael che stava caricando per accorciare la distanza, straziandolo con artigli e morsi per poi sbatterlo via con un colpo di coda.
Gelrish invocò la protezione di Valkur per i suoi amici.
Adelius provò un sortilegio mentale, ma non sapeva che la dragonessa attingeva al potere di uno speciale anello indossato dal cadavere del mago che portava in sella.
Un subdolo oggetto magico in grado di farla resistere agli incantesimi, e perfino di rifletterli sull'aggressore.
Arveiaturace evocò una nebbia gelida che mordeva la pelle, anche se si erano tutti protetti con le pozioni contro il freddo.
Gelrish la spazzò via richiamando il vento, poi cercò di tenersi al riparo di una delle monolitiche colonne.
Un colpo d'ali fece ruzzolare gli assalitori, e poi una nuova carica e l'antico essere era tra di loro.
Ishmael colpì più volte con la sua arma per poi arrampicarsi sulla gigantesca creatura e trovando un varco tra le incredibili scaglie riuscì anche a morderla, recuperando energie vitali.
Lyandria, seppure ferita, fece appello al grande Nuban e nei sui colpi impose tutta la furia divina, aprendo la prima vera grande ferita.
Gelrish lanciò un terribile fulmine che in parte danneggiò la dragonessa e in parte anche il povero Ishmael appeso ad essa.
Adelius venne ancora una volta ferito dal suo stesso incantesimo riflesso.
Accerchiata, la creatura provava a tener lontana Lyandria ma non riusciva a togliersi da dosso il tenace pirata appeso a se.
Neppure una terribile pioggia di frammenti di ghiaccio, che ferì tutti, li fece desistere.
Finalmente Adelius riuscì a fare breccia nella mente della colossale dragonessa, causando danni invisibili ma importanti alla sua mente, tanto da lasciarla incapacitata per alcuni lunghi istanti.
Istanti in cui gli assalitori infierirono su di lei e sulle ferite già aperte.
Quando finalmente si scosse, non era più la cacciatrice.
Ora lottava di pura rabbia e sopravvivenza.
La sua fiducia era fiaccata, e il potere divino infuso nei colpi di Lyandria la ferì gravemente.
Il suo terribile soffio era inutile con un nemico sulla schiena e gli altri sparpagliati, e usò uno dei suoi incantesimi facendo esplodere allora una sfera di ghiaccio devastante.
Nonostante le ferite intuirono che stava cedendo.
Non potevano fermarsi ora. Non potevano fallire.

Arveiaturace eresse un muro di ghiaccio di fronte a Lyandria, per crearsi un varco e volare via con possenti colpi d'ala, ma Ishmael era ancora aggrappato e infieriva.
Non se ne rendeva neppure conto ma se non fosse stato per la benedizione di Valkur sarebbe già stato sbalzato nel vuoto.
Prima che potesse allontanarsi troppo Gelrish usò la forza che ancora gli restava per scagliare un incantesimo finale.
Dalla gestualità poteva sembrare una palla di fuoco, ma la scintilla che volò per oltre 40 metri in alto verso il drago era azzurra, e detonò in una esplosione elettrica che folgorò tutto ciò che stava attorno.
Le ali di Arveiaturace si irrigidirono, scosse dal fulmine, tutta la bestia tremò per poi iniziare una picchiata che terminò con un colpo simile ad un terremoto.
Da sotto la dragonessa morta, un malridotto ma miracolosamente vivo Ishmael uscì fuori.
Nonostante il dolore sorrideva.
Non ci credeva ancora, ma ce l'avevano fatta.
Arveiaturace era morta.
Il suo immane tesoro, protetto da strati di ghiaccio, brillava in un angolo ma presto venne portato alla luce.
Il ghiaccio dopotutto può sciogliersi. L'avidità umana è più tenace.

Era morta una leggenda.
Ne era nata un'altra.


FINE